XXXII domenica del tempo ordinario

In questa trentaduesima domenica del tempo ordinario, la liturgia ci propone di riflettere sullo stile di Dio nei confronti delle persone più fragili: una caratteristica meravigliosa del suo modo di essere. Il nostro è un Dio che sa rendersi vicino ai più deboli, è colui che sa essere per ciascuno di noi padre, rifugio e giustizia (come recita l’orazione colletta propria dell’anno B).

Sia la prima lettura che il vangelo mettono al centro una vedova. Dio dimostra una particolare attenzione nei confronti di una donna che soffre la solitudine di un amore. Il Signore entra in questa solitudine per abitarla appieno. Lasciamoci toccare dalla Parola di Dio in questa trentaduesima domenica del tempo ordinario. Vogliamo in modo particolare entrare nello stile di Dio che oggi la liturgia ci propone; uno stile in movimento. Lasciamoci accompagnare quindi da tre verbi che emergono dalla Parola di Dio.

‹‹Prendimi un po’ d’acqua›› (1Re 17,10). Sono le parole che il profeta Elia rivolge a una vedova nella prima lettura. È una richiesta che Dio più volte rivolge agli uomini e alle donne. Dio chiede da bere alla samaritana al pozzo, si identifica in coloro che riceveranno in dono un bicchier d’acqua e chiede da bere poco prima di morire in croce. È un Dio che ha sete. È un po’ strano… è un Dio che continuamente chiede da bere all’umanità. Forse Lui ha sete proprio della nostra umanità. Ha sete di amarci. L’acqua è segno di vita; Dio è amante della vita. L’identificazione del Signore con tutti coloro che hanno sete ci dice che Dio ha a cuore i nostri desideri, le nostre paure, la nostra fragilità, la nostra umanità. Questo è il motivo per cui la liturgia oggi mette in evidenza la fragilità di due donne, che però sono capaci di entrare nello sguardo di Dio. Dio si lascia sorprendere da queste due donne, dalle quali si lascia dissetare e alle quali offre il suo stesso amore come acqua viva.

Nel vangelo troviamo Gesù che è nel tempio a insegnare. Si tratta di un insegnamento valido in ogni tempo; non sono parole legate semplicemente a quel contesto. Il suo è un insegnamento che ha valore per sempre. Gesù mette in guardia la folla da coloro che vivono una religiosità ipocrita e non attenta alle necessità dei più fragili. Dopo l’avvertimento alla folla, l’attenzione dell’evangelista si sposta su Gesù e i suoi discepoli. Il secondo verbo da cui ci lasciamo accompagnare è il seguente: ‹‹chiamati a sé i suoi discepoli›› (Mc 12,43). È un verbo che ricorre spesso nel vangelo e lo abbiamo ritrovato anche in queste ultime domeniche. È lo stesso verbo che gli evangelisti adoperano quando raccontano la scelta dei discepoli. Gesù continuamente ci chiama a sé. Si tratta di un verbo che siamo chiamati a interiorizzare e che il Signore ogni giorno rivolge a noi. Se Gesù continua sempre a chiamare i discepoli è perché probabilmente essi ogni tanto si allontanano. La lontananza non è solo una questione fisica, ma esistenziale: una lontananza del cuore. Spesso capita che ci allontaniamo da Dio. Lui tuttavia non si stanca di chiamarci a sé, non si stanca di chiederci da bere. Lui continua a chiamarci a sé perché vuole vivere con noi l’intimità di un’amicizia vera. Ci chiama a sé perché vuole sempre farci proposte alte, proposte di vita. Vuole trasmetterci ciò che veramente conta. Oggi vuole farci notare la grandezza di questa donna che è capace di testimoniarci lo stile di Dio.

Il terzo verbo lo prendiamo dall’azione della donna: ‹‹ha gettato tutto quello che aveva›› (Mc 12,44). Questa donna è stata capace, sicuramente non solo in quel contesto, di donare tutta se stessa. Questa donna è testimone del modo di amare di Dio: amare da Dio è un tutto per tutto. Quando amiamo non possiamo essere frammentati, ma sentiamo la necessità di amare con tutto noi stessi. Il Signore ha sete del nostro tutto, anche delle nostre povertà e fragilità. Ci ama così perché siamo noi. Gesù mette a confronto due stili che noi adottiamo nella nostra relazione con Lui: da un lato diamo a Lui parte del nostro superfluo, dall’altro gli diamo tutto. Sta a noi scegliere. Sta a noi ascoltare quella sua voce che ci chiama nella sua intimità e che ci spinge a dargli tutto. Saremo capaci di dare tutto per tutto solamente se sperimentiamo l’intimità con il Signore, che è il vero tutto.

Accogliamo questa Parola con grande gioia. Dio punta in alto con noi e parte dalla nostra povertà e dalla nostra debolezza. Le immagini che Gesù prende dalla quotidianità sono sempre immagini umili. Chiediamo al Signore la sua stessa capacità di osservazione. Nel vangelo di oggi Gesù è seduto di fronte al tesoro e osserva. Lo sguardo di Dio coglie i dettagli. Chi ama si accorge dei dettagli. Accogliamo l’invito a stare con lui, ad ascoltare la sua Parola: è la strada per assumere il suo stile e i suoi sentimenti.

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