IV domenica di Quaresima

I bambini misurano l’amore a bracciate più che a parole. Per dire “tanto”, allargano le braccia più che possono, perché l’amore è vero solo quando si spinge al limite del possibile, del consentito. E così fa Dio, che ama distendendo le proprie braccia sulla croce, fino ad abbracciare l’intero orizzonte, fino a coprire anche la più impensabile delle distanze; ostinato, nel non volerne lasciare fuori da quell’abbraccio neppure uno. E non c’è dichiarazione d’amore che tenga dinanzi a queste parole: “Dio ha tanto amato il mondo…”.

In quel “TANTO” è racchiuso il paradosso di Dio che ama nascondersi nell’infinitamente piccolo, che esagera consegnando la sua onnipotenza e il suo mistero all’impotenza e alla follia di un amore capace di abitare l’abisso della più grande lontananza e del peggiore dei fallimenti. Un Dio che osa amare senza timore, inchiodato ad un abbraccio senza ritorno, innalzato sul più infamante dei patiboli, come sulle spalle forti e grandi del papà. E tutto questo per CHIUNQUE, anche per uno soltanto. La croce è segno di come il mondo ha travisato Dio, di come lo ha emarginato e tolto di mezzo, bollandolo come fallito e perdente. Ma la morte non può portarsi via nulla, se l’amore ha già dato tutto, senza risparmio. Da quell’abbraccio esagerato, Dio non tornerà indietro. Resterà inchiodato a quell’amore che, in croce, gli ha aperto le braccia, fino a morirci dentro. Resterà lì, in quell’abbraccio, ostinato, senza ripensamenti, correndo persino il rischio di passare per fallito e perdente, a dirci, senza più bisogno di parole, che, quando si ama, non si perde mai. Eccolo il nostro Dio: uno che ama fino in fondo, fino a morire d’amore. A braccia aperte, spalancate, perché nessuno si senta escluso da questo amore. Ecco il perché di tanta gioia.

Insegnami ad amare a braccia aperte, anzi spalancate, come le tue, Maestro e Signore. Insegnami che l’amore è vero, solo quando può fare a meno delle parole, quando si spinge al limite del possibile, del consentito. Al di là del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, l’amore, più che cercare di comprendere, abbraccia, facendo cadere ogni resistenza o pregiudizio. E donami di restare come te e con te, mio Dio, inchiodato a quell’abbraccio senza ritorno, che niente e nessuno potrà mai chiudere. E anche quando tutti dovessero darsela a gambe, donami la grazia di rimanere, di abitare stabilmente la folle esagerazione di questo tuo amore, che tutto crea, abbraccia e salva.

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