XXXI domenica del tempo ordinario

Siamo ormai al termine del viaggio di Gesù a Gerusalemme e, prima di arrivare nella Città santa, il Maestro attraversa Gerico: qui abita un uomo di nome Zaccheo, che si è arricchito in modo disonesto grazie al suo mestiere di capo dei pubblicani. Questo peccatore pubblico ha nel cuore un profondo desiderio di conoscere Gesù, come mostra il suo comportamento e, senza paura di essere ridicolizzato, poiché è di bassa statura, sale su un albero di sicomoro per poter superare l’ostacolo della folla e scorgerlo mentre passa.

Ed ecco, scrive l’evangelista, che «Gesù, quando giunse sul luogo, alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”». Zaccheo, meravigliato che Gesù possa incontrare lui, un pubblico peccatore, «scese in fretta e lo accolse pieno di gioia». Facciamo attenzione a quel «in fretta». Le chiamate del Signore non ammettono indugi, ritardi. Si deve rispondere prontamente e con gioia alla chiamata di Gesù come ha fatto Zaccheo, come fece Matteo (cf Lc 5, 27-32). Noi, purtroppo, molto spesso, non accogliamo l’invito di Gesù e ci comportiamo come quel notabile ricco, che: «udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco» (cf Lc 18, 23).

Gesù, dunque, va a casa di quest’uomo e, coloro che non sopportavano che egli si rivolgesse ai peccatori manifesti, lo condannano. Luca, infatti, scrive: «vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”». Anche noi, spesso, condanniamo le persone giudicandole e mormorandole. Ma chi siamo noi per giudicare? Noi guardiamo la pagliuzza che è nell’occhio del nostro fratello e non vediamo la trave che è nel nostro occhio (cf Lc 6, 41). Impariamo e sforziamoci a non giudicare «perché il giudizio appartiene a Dio» (cf Dt 1, 17). Dio ama ciascuno di noi perché siamo suoi figli. Il brano della Sapienza, nella prima lettura, ci ricorda questo amore di Dio che «ha compassione di tutti», perché egli è «amante della vita».

Zaccheo si sente amato, cambiato, a lui non interessa ciò che la gente dice. Infatti, annota l’evangelista, che «alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”». Zaccheo mostra che l’incontro con Gesù ha causato in lui la conversione: si impegna, infatti, a compiere un gesto concretissimo che riguarda proprio le sue ricchezze, per le quali si era smarrito nel peccato! Tutto ciò a cui aveva dato importanza fino ad allora perde di significato, non può più essere inteso come valore, né tanto meno come scopo della sua vita. Ecco allora la sua decisione di condividere con i poveri i propri beni e di risarcire le persone frodate, al di là delle prescrizioni della legge.

Gesù commenta queste parole con un’affermazione straordinaria: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo». Egli sa vedere un uomo e un figlio di Abramo dove gli altri vedono solo un peccatore, e a quest’uomo offre la salvezza che coinvolge non soltanto lui, ma tutta la sua casa. Gesù, quindi, ci ricorda la sua missione fondamentale, prima di andare incontro alla morte: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Come è entrata quel giorno nella casa di Zaccheo, così la salvezza portata dal Signore può entrare ogni giorno nelle nostre case. Per accoglierla dobbiamo confessare con cuore sincero: «Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io» (cf 1Tm 1, 15).

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