XXX domenica del tempo ordinario

Qualche decennio dopo Gesù i rabbini avevano riunito dai libri biblici una lista di 613 precetti. Una domanda frequente che era fatta ai rabbini era quale fosse il più importante, quello sul quale gli altri si appoggiano. Al tempo di Gesù forse non era ancora stato fatto questo calcolo, ma è certo che si sentiva importante conoscere il fondamento dei comandamenti, a partire dal quale poter obbedire a Dio.

Nella pagina del vangelo di oggi non sono i discepoli a porre questa domanda a Gesù; lo fa un fariseo, una di quelle persone che volevano osservare con fedeltà la legge di Dio. Si rivolge a Gesù nel Tempio di Gerusalemme, nei giorni che precedono la condanna a morte di Gesù. Non è sinceramente interessato a imparare quello che Gesù gli insegna, vuole metterlo alla prova. Nonostante questo, la risposta che Gesù gli dà è di fondamentale importanza per la nostra fede. Gesù infatti non si lascia intimidire dalle intenzioni del fariseo, prende sul serio la sua domanda. Nella risposta non crea comandamenti nuovi, ma cita due passaggi della Sacra Scrittura che al suo tempo erano considerati di fondamentale importanza.

Il primo è contenuto nei versetti che Gesù come ogni giudeo recitava ogni giorno nella preghiera (un po’ come il Padre Nostro per noi cristiani): questo comandamento chiede di rispondere con l’amore all’amore che Dio ha manifestato verso il suo popolo. Chiede che sia un atteggiamento che coinvolge tutta la persona, la sua intelligenza, il suo affetto, la sua vita. Tutto ciò che Dio ha fatto nella storia del suo popolo manifesta quanto lo ama. La “legge” che dà al suo popolo attraverso Mosè non è altro che un modo di comportarsi che manifesta di accogliere e corrispondere a questo amore. Come avrebbe fatto ogni buon maestro, Gesù considera l’amore verso Dio “il grande e primo comandamento”.

Poi Gesù aggiunge un “secondo” comandamento, anche se il fariseo non glelo aveva chiesto, che considera “simile al primo”: anche questo si trova nella Bibbia tale e quale Gesù lo pronuncia: “amerai il prossimo come te stesso”. E conclude dicendo che tutti gli altri comandamenti contenuti nella Bibbia dipendono da questi due. Il fariseo chiede a Gesù qual è il grande comandamento; Gesù risponde citando due comandamenti molto noti. La cosa nuova è che li mette insieme, li considera quasi come uno stesso comandamento, o – per usare una immagine – una moneta con due facce inseparabili, che insieme sono la base della risposta che Dio desidera dall’uomo. Allora, non si può amare veramente Dio senza amare gli altri, non si può amare realmente gli altri senza credere che in questo modo rispondiamo all’amore che abbiamo ricevuto da Dio.

Per Gesù tutto quello che l’uomo è chiamato a fare per corrispondere all’alleanza con Dio è amare. Qui sta il senso il comportamento religioso dell’uomo: riconoscere l’amore che viene da Dio e imitarlo nell’amore. Non solo verso Dio (con gesti di riconoscenza e affetto), ma anche verso gli altri uomini. Per Gesù amiamo realmente Dio se amiamo le persone che incontriamo. Non abbiamo scuse per non poterlo fare; è sempre possibile amare chi ci sta accanto, con una infinità di piccoli gesti e atteggiamenti ordinari, dalla mattina alla sera. Dopo le parole di Gesù non possiamo dubitare che ogni gesto autentico di amore per una persona è un gesto di amore per Lui.

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