XX domenica del tempo ordinario

Per la seconda volta (la prima riguarda la guarigione miracolosa, a distanza, del servo del centurione romano) l’evangelista Matteo riferisce di un prodigio di Gesù operato a favore di uno straniero e per di più fuori dai confini della Palestina.

Desta però stupore, se non sgomento, la dinamica in virtù della quale Gesù perviene a farsi convincere di operare tale miracolo.

Desta stupore la sordità di Gesù di fronte all’urlo disperato della donna Cananea che implorava un intervento risolutore del malanno della figlia “vessata dal demonio”.

Ma desta anche stupore incredulo la risposta seccata data da Gesù ai discepoli che erano intervenuti in soccorso della donna.

Ma desta soprattutto stupore l’architettura logica che sostiene e determina il rifiuto di Gesù ad operare il miracolo richiesto.

Sono tre, infatti, i “non” di questa architettura logica: “Non le rispose neppure una parola” e “Non sono mandato se non alle pecore disperse della casa di Israele” e, quando è a contatto diretto con la donna, “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”.

Detto per inciso, e con garbo, questa terza affermazione metaforica usata da Gesù nei confronti della donna è anche insolente, ma è proprio da questo divino insulto che parte la donna per far saltare con il grimaldello della sua fede “grande” la sordità di Gesù: “Sì, Signore, ma anche i cagnolini si nutrono delle briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni”.

Formidabile la donna. Non si offende, non demorde, non si deprime, non lascia la presa… ed avviene il miracolo.

Formidabile anche l’esplosione gioiosa di Gesù: “Donna, grande è la tua fede”. Credo superfluo rimarcare l’insegnamento nascosto – rivelato tra le righe di questo episodio riportato da Matteo: che i confini del Regno di Dio sono altro da ciò che immaginiamo noi, che soltanto l’orazione corroborata da fede grande ottiene ascolto (seppur non immediato, come narra il racconto), che anche Dio può cambiare idea pur di non perdere la sua amata creatura… Una sorta di architettura logica che richiede una manutenzione accurata.

C’è molto da imparare per come vivere il rapporto di fede, quindi, anche al di là di schemi e di ritualità apprese. C’è molto da darsi da fare per ristrutturare l’architettura logica di una fede che voglia essere viva e forte.

Una architettura logica da ristrutturare quotidianamente (come si fa nell’edilizia) per non rischiare il deterioramento e magari anche il crollo di quella fede mendicante e “poca” spesso rimproverata, benevolmente, dallo stesso Gesù ai suoi intimi.

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