XVII domenica del tempo ordinario

La prima lettura di questa domenica, narra il celebre episodio di Sodoma e Gomorra: due città diventate simbolo del vizio, della perversione, della immoralità. Vale la pena riflettere su questo episodio, perché oggi Sodoma e Gomorra hanno una drammatica attualità: infatti il vizio, la perversione, l’immoralità sono fenomeni dilaganti e, cosa ancora peggiore, oggi sono presentati come normali, come legittimi, come conquiste di libertà. Che cosa ci dice la Bibbia attraverso il dialogo-preghiera di Abramo? Innanzitutto la condanna del peccato è chiarissima. Ma sia ben chiaro che la Bibbia condanna il peccato, non perché ha paura del piacere, della gioia o del corpo umano. No. Assolutamente no! La Bibbia condanna il peccato in nome di una precisa interpretazione della vita dell’uomo. Ossia: l’uomo è creato per imparare ad amare Dio e il prossimo, ma l’amore è dono di sé, quindi l’amore è anche sacrificio, l’amore è libertà conquistata, l’amore è presenza di Dio, perché ogni amore vero deve farci assomigliare di più a Dio che è Amore. Ma, purtroppo, oggi l’uomo ha deviato: oggi l’amore è diventato istinto, l’amore è diventato libertinaggio, l’amore è diventato narcisismo, l’amore è diventato sfruttamento, l’amore è diventato sensazione senza riferimento alla profondità interiore dell’uomo. La Bibbia condanna queste deviazioni e le chiama “peccato”. Infatti nel dialogo tra Dio e Abramo emerge chiaramente la convinzione che il peccato di Sodoma e Gomorra ha innescato un processo di distruzione. In altre parole: quando l’uomo sceglie il vizio, prepara la sua tomba; quando in una società cresce lo spessore del peccato, aumenta anche la spinta alla distruzione (cf Ger 23, 10-12; 18, 15; 22, 21-22; Os 4, 1-3; 4, 14; 5, 5). È doveroso, allora, chiedersi: quale sarà il futuro di questa società? Quale sarà il futuro di questa generazione? Una cosa è certa: il peccato ha raggiunto livelli che permettono di prevedere un grande collasso di civiltà: è esattamente la storia di Sodoma e Gomorra. Viene spontaneo domandarsi: ma allora non esiste speranza? Certamente che esiste! La Bibbia tenacemente difende e propone la speranza: anche nell’episodio di Sodoma e Gomorra! Infatti le due città vengono distrutte, ma Abramo resta. E Dio guarda a lui per ricostruire e soprattutto per creare lo spazio umano all’unica speranza, che è Cristo. Sì, Cristo! Infatti in Cristo Dio vince il peccato e dà la vera vita. Chi sceglie di seguire Cristo si salva. Ed è grazie a lui che abbiamo imparato a rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre” “Abbà-Papà”.

L’evangelista Luca annota che quando Gesù ebbe finito di pregare, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed rispose loro dicendo: «Quando pregate dite: “Padre”». Questa preghiera “Padre nostro”, «compendio di tutto il Vangelo» (Tertulliano), che oggi ascoltiamo nella versione di Luca, più che una formula costituisce un compendio delle indicazioni di Gesù sparse nei quattro vangeli: è una traccia che ricapitola l’essenziale della preghiera cristiana.

All’invocazione «Padre», seguono cinque domande, poste in un ordine preciso: innanzitutto si prega per Dio, chiedendogli che il «suo nome sia santificato», che cioè tutti possano riconoscerlo quale Dio tre volte Santo. Domandando: «Venga il tuo regno», si invoca che la signoria di Dio si manifesti sulla terra attraverso la pace, la giustizia, la riconciliazione.

Nella seconda parte della preghiera si prega per i propri bisogni: «Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano». Il credente sa che la vita è viaggio, pellegrinaggio e quindi non deve attaccarsi alle ricchezze, che ci fanno appesantire il cuore e ci fanno allontanare da Dio, ma deve ringraziare il Signore per quello che ha.

«Perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore». L’uomo è debole, fragile, peccatore e quindi ha sempre bisogno di perdono. Se noi chiediamo a Dio di perdonare i nostri peccati, anche noi, a nostra volta, dobbiamo perdonare coloro che ci offendono. Non è assolutamente facile perdonare chi ci ha offeso! Però dobbiamo sforzarci e il Signore, che guarda il nostro cuore, certamente ci aiuterà.

«Non abbandonarci alla tentazione». La vita è prova, è esercizio di libertà. Gesù, infatti, non ci fa’ chiedere di essere esonerati dalla prova, ma ci fa’ chiedere la forza per resistere, la forza per lottare, la forza per vincere il maligno e, con l’aiuto di Dio, non soccombere nell’ora della tentazione.

Per tale motivo la preghiera del “Padre nostro” è stata giustamente definita non una preghiera da dire, ma una preghiera da vivere.

Attraverso la parabola dell’amico che disturba un altro amico nel cuore della notte per chiedergli del pane, Gesù ci vuol far capire che la preghiera deve essere contraddistinta da perseveranza e insistenza fiduciosa, aperta all’onnipotenza di Dio: «chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto», perché «il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima ancora che gliele chiediate» (cf Mt 6, 8).

Infine Gesù conclude: «Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Queste parole stanno a significare che il Padre non farà mai mancare il dono dello Spirito Santo a chi aderisce a lui, perché lo Spirito Santo è il dono dei doni. Molte volte noi non sappiamo cosa domandare e quando chiediamo lo facciamo male. Ecco perché san Paolo, scrive: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (cf Rm 8, 26-27).

Impariamo, dunque, a pregare senza timore e con assoluto abbandono rivolgendoci alla infinita misericordia di Dio affinché, per mezzo del suo unigenito Figlio Gesù Cristo e per opera dello Spirito Santo, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen!

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