XVI domenica del tempo ordinario
Domenica scorsa il Vangelo ci ha presentato l’invio dei discepoli da parte di Gesù per una prima esperienza missionaria. Questa prima esperienza aveva un termine, non è ancora come quella che inizierà dopo la risurrezione di Gesù. La pagina del Vangelo di oggi ci parla del ritorno degli apostoli da Gesù e di quello che succede immediatamente dopo.
La missione dei dodici parte da Gesù, è fatta con l’autorità di Gesù e ritorna a Gesù. È bello immaginare la scena dei discepoli che tornano da Gesù per raccontargli quello che hanno fatto, l’esperienza che hanno vissuto. È il segno che riconoscono in lui il centro della loro vita, il punto di attrazione. Più importante che quello che hanno fatto, è raccontarlo a Gesù, come se solo lì vicino a lui la missione trovasse la sua conclusione. Come se la gioia del missionario non venisse da quello che fa per gli altri ma da quello che può raccontare a Gesù. La missione inizia con l’uscire (6,12) e ci conclude con il riunirsi attorno a Gesù (6,30). Questo non vale solo per la prima esperienza missionaria dei dodici, ma diventa una grammatica per ogni missione: usciamo per annunciare agli altri, e ci riuniamo vicino a Gesù per riferirgli quello che abbiamo fatto. Sta a lui tirare le somme, ricompensare le fatiche dei missionari.
Gesù ascolta con calma: ce lo immaginiamo paziente, mentre lascia che i suoi raccontino le esperienze fatte, i successi e gli insuccessi, le gioie e le difficoltà. Alla fine invita i dodici a ritirarsi con lui in un luogo isolato per riposare. Come è bello questo gesto di Gesù, che si prende cura della stanchezza dei suoi, che dà importanza alla loro umanità. E allo stesso tempo che desidera vivere momenti di intimità con i dodici. È così che crescono le relazioni famigliari tra loro. Si accorge infatti che molta gente cerca lui e forse adesso anche alcuni dei discepoli. Ma questo non permette loro di svolgere una vita serena e equilibrata; corrono il rischio di perdere di vista le cose essenziali, il loro centro.
Ma il progetto di Gesù è intercettato dalla folla, che precede il gruppo nel posto dove era diretto Gesù con i suoi (forse Gesù vi si era ritirato altre volte e qualcuno lo aveva già raggiunto là). E così Gesù non realizzare il progetto proposto ai discepoli. Quando Gesù arriva in quel luogo trova la folla numerosa che lo aveva preceduto. Ma invece di cambiare posto cambia programma. Lascia da parte l’idea del riposo e si mette ad offrire ciò che ha, cioè il suo insegnamento. Marco ci spiega il motivo di questo cambiamento di programma: quando Gesù “vede” la folla è preso da una grande compassione per essa, cioè da un sentimento profondo e interiore, quello che sente una mamma o un papà per i propri figli che hanno bisogno di attenzione e di soccorso. Gesù sente che quella gente ha bisogno di una guida, di un punto di riferimento, di un “pastore”, e offre loro il suo insegnamento, che è come un alimento per il loro spirito. Se abbiamo bisogno del cibo per vivere, abbiamo però ancora più bisogno di riconoscere un senso per la nostra vita, cioè una direzione buona verso cui camminare. I discepoli sono presenti e ascoltano insieme alla folla. Marco aiuta noi discepoli di oggi a comprendere da dove nasce la missione di Gesù: dalla sua capacità di comprendere la sofferenza della gente, il bisogno di luce e di senso per la loro vita.
In questa scena Gesù compie la promessa che il profeta Geremia fa nella prima lettura, dove annuncia che Dio stesso sarà il pastore del suo popolo, per sopperire alla mancanza di pastori veri, capaci di soddisfare le necessità del popolo. La promessa di Geremia il salmo 23 la canta come già realizzata, perché l’orante riconosce in Dio il suo vero e unico pastore. La lettera agli Efesini riconosce che Gesù è stato pastore non solo del popolo giudaico ma anche di tutti i popoli, che ha riunito in un solo gregge pacificato.
I discepoli trovano in Gesù il modello da seguire per realizzare la missione ricevuta. Per continuare oggi la missione di Gesù anche noi dobbiamo diventare capaci di sentire compassione per chi ha bisogno, di metterci nei panni di chi soffre, per offrire la Parola di Gesù con la sua stessa delicatezza e passione.
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