XIII domenica del tempo ordinario

Vale sempre per il Vangelo un criterio che vale per ogni testo: si può comprendere il significato di una parte se si ha presente il tutto; diversamente non solo la nostra comprensione è parziale ma a volte addirittura può essere molto scorretta. Per il breve brano del Vangelo di oggi vale in modo speciale questa osservazione.
Leggiamo i versetti conclusivi di un lungo discorso di Gesù che occupa tutto il capitolo decimo di vangelo di Matteo. Per capire la conclusione è molto utile rileggere tutto il discorso. Gesù invia per una esperienza di missione i dodici discepoli che da qualche tempo aveva chiamato e condividevano la vita con lui. Essi hanno ascoltato il discorso della montagna (Mt 5-7), dove Gesù raccoglie e proclama la novità del suo messaggio; essi hanno visto le opere che Gesù ha compiuto in favore delle persone bisognose (Mt 8-9). Ora invia i discepoli, conferendo loro la sua stessa autorità, perché continuino l’opera che Egli ha iniziato (quello che dice vale non solo per l’esperienza provvisoria di quel momento, ma anche per la missione che i discepoli ricevono da Gesù dopo la sua risurrezione). Essi devono annunciare che il Regno dei cieli è vicino, devono farlo in modo libero, gratuito e con uno stile di vita semplice che esprime la loro totale fiducia in Dio.
Gesù mette in guardia i suoi discepoli, dichiarando senza mezzi termini che il compito che affida loro non è facile, che troveranno molti che non si interessano del loro annuncio e anche molti che li osteggeranno. Ciò non deve sorprenderli, non è segno che non sono assistiti da Dio; anzi, visto che lo stesso Gesù ha trovato opposizione, l’opposizione che troveranno i discepoli può essere segno che sono sulla strada giusta, perché il discepolo non può avere una sorte diversa da quella del suo maestro.
La missione vissuta in nome di Gesù non dipende dai risultati ma dalla fedeltà al compito ricevuto. L’opposizione ai discepoli che annunciano il Regno può venire addirittura dai membri della propria famiglia. Su questa “base” si appoggiano le parole che ascoltiamo nel Vangelo di oggi. Gesù indica le condizioni necessarie ai discepoli per compiere la missione che il maestro affida loro: amare Lui più delle persone care (il padre, la madre, i figli); essere disposti a seguirlo sul cammino della croce, cioè del sacrificio della propria vita; essere disposti a mettere la propria vita al secondo posto rispetto a Gesù; considerare Lui e il suo Regno più importanti di se stessi; e credere che così facendo troviamo il cammino per una vita piena, per la vera realizzazione di noi stessi.
Questo messaggio l’abbiamo sentite tante volte, lo consideriamo vero, ma… sentiamo che rimane astratto, una bella teoria lontana dalla nostra vita ordinaria. Qui si gioca il messaggio del discorso missionario di Gesù: egli si rivolge a noi suoi discepoli, a tutti noi battezzati. Non invia in “missione” solo coloro che lasciano la propria terra per andare ad annunciare il Vangelo in terre lontane, a popoli di altre culture; invia tutti noi in missione. Sentirsi “inviati”(che è il significato della parola “missionari”) è il modo concreto per ciascuno di noi di essere discepoli, cioè di seguire Gesù.
Vivere da inviati significa testimoniare con la nostra vita che abbiamo incontrato Gesù, che il suo modo di vivere ci ha convinti, che vogliamo vivere come Lui. Questo si fa nella vita di ogni giorno (in famiglia, sul posto di lavoro, con gli amici): sempre siamo chiamati a fare scelte concrete, a decidere se fidarci di Dio o solo di noi stessi, se sacrificarci per gli altri o farci servire dagli altri. Per concludere Gesù promette che chi riceve un suo inviato riceve Egli stesso e Dio Padre, e per questo sarà ricompensato. Significa che Gesù si fida così tanto di noi che ci rende capaci di rappresentarlo, e di aprire anche agli altri la strada per la comunione con Dio. Le letture che precedono il Vangelo riflettono alcune sfumature di questo messaggio: il profeta Eliseo accolto da una famiglia senza figli promette loro la ricompensa di un figlio. San Paolo ci ricorda che essere battezzati (=cristiani) significa essere immersi nella morte e risurrezione di Cristo: la missione ci fa partecipare al sacrificio di Gesù (che ha amato il Padre e i discepoli più della sua stessa vita) per partecipare anche alla sua vita in pienezza.

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