V domenica di Quaresima

«A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante di poter non morire, del poter far tornare indietro la vita. Allora, quale infinità! Si potrebbe trasformare ogni minuto in un secolo intero…». A scrivere queste parole è il grande Dostoevskij, condannato a morte dallo zar Nicola per appartenenza a società segrete. La revoca della pena, già decisa nei giorni precedenti all’esecuzione, venne comunicata allo scrittore solo sul patibolo: era una forma di sadismo che creava nel condannato un forte stress psicologico. Si racconta che ad uno dei condannati, insieme a Dostoevskij, vennero di colpo i capelli bianchi.

Anche la donna adultera del vangelo di oggi, destinata di lì a poco alla morte sotto una tempesta di sassi, avrà vissuto quegli interminabili ultimi minuti con la lontana speranza di poter non morire. E la Grazia ha voluto che tra chi la giudicava e lei… si trovasse Gesù. E, grazie a Lui, invece di morte, quella donna ha sperimentato, con una seconda nascita, la pienezza della Vita.

In quest’ultima domenica “in viola” del nostro cammino quaresimale, l’incontro tra la “miseria e la Misericordia” – secondo una bella espressione di Sant’Agostino – vuole essere un messaggio luminoso di speranza e di liberazione per ogni uomo e donna schiacciati dal peso opprimente di una colpa.

C’è una donna lì in mezzo, tra il maestro venuto da Nazaret e un cerchio furioso di farisei e di scribi con il dito puntato. Ma in realtà sotto lo sguardo giudicante degli scribi e dei farisei c’è lo stesso Gesù. L’adultera diventa un pretesto “per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo”.

Ancora una volta Gesù viene messo alle strette: se dice di perdonare, va contro il diritto giudaico, la legge di Mosè che prescrive la lapidazione per donne come quella; se si pronuncia per la condanna, va contro il diritto romano, che aveva sottratto ai giudei l’irrogazione della pena di morte. Anche Gesù, dunque, è in una situazione senza scampo: è costretto a mettersi contro la legge giudaica o contro la legge romana.

Ma Gesù spezza quel gioco mortale degli accusatori con il silenzio di un gesto simbolico difficilmente decifrabile – lo scrivere per terra – e con una risposta disarmante: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”, consegnando alla storia un detto divenuto poi una delle massime cristiane più usate, che ci ricorda che siamo tutti peccatori.

Sì, tutti siamo peccatori, e tutti abbiamo bisogno di perdono e di salvezza. Tutti, partendo dai più anziani, da coloro che hanno avuto più tempo di sbagliare.

E tutti noi, in questa quinta domenica di Quaresima, dopo l’invito alla conversione di due settimane fa e l’abbraccio benedicente del Padre misericordioso di domenica scorsa, siamo lì, con quei farisei e con quella donna, davanti a Gesù, davanti alla sua infinita misericordia. Mai, infatti, come ai nostri giorni, tanti indici sono stati puntati e tante pietre sono state scagliate contro gli altri. Troppe persone oggi sono accerchiate dal giudizio impietoso ed inesorabile degli altri. Quante volte anche nelle nostre comunità cadiamo nel peccato ricorrente del giudizio, pensando di essere sempre i perfetti circondati da gente che continua a sbagliare. E non siamo più capaci di chiedere perdono.

Forse non è un caso che il primo Angelus di Papa Francesco, domenica 17 marzo 2013, sia stato proprio nella quinta domenica di Quaresima, con questo vangelo. In quell’occasione, dopo neanche cinque giorni dalla sua elezione, pronunciò parole diventate un po’ il “programma” del suo pontificato: “Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! Il problema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti”.

Nel cuore di questo Anno della Misericordia, guardiamo a Gesù che guarda la donna, non passando assolutamente sopra il suo peccato. Egli le dice la verità su di esso: il male è sempre male. Ma la verità della colpa precede il perdono, la liberazione, la vita nuova. “Ecco, io faccio una cosa nuova!” diceva Isaia nella prima lettura. E così Gesù non guarda più indietro; guarda al futuro e fa coraggio alla donna: “D’ora in poi non peccare più”. Gesù è la misericordia che libera dal peso di un passato di miseria ed incoraggia con infinita pazienza a credere che la vita nuova è possibile con la sua grazia. È quanto è accaduto a San Paolo, conquistato da Cristo. Tutto il resto diviene spazzatura, di fronte alla ricchezza della sua misericordia.

Oggi il Signore ci fa tutti mendicanti di perdono, guardando nella direzione del futuro: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”.

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