V domenica del tempo ordinario
Il vangelo di questa quinta domenica del tempo ordinario, tratto dal testo di San Matteo ci presenta il prosieguo del discorso della Montagna. Gesù si rivolge ai suoi discepoli e li identifica come sale della terra e luce del mondo. Oltre a classificarli in modo preciso, facendo ricorso a due elementi naturali, li mette in guardia dai rischi che corrono entrambi elementi se non funzionano e non vengono utilizzati correttamente. Infatti Egli precisa subito che “se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? Non c’è altro sale che renda salato il sale; per cui a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Così è la stessa cosa per l’altro elemento chiamato in causa da Gesù che è la luce. Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.
Conclusione di tutto il suo breve discorso e riferimenti al sale e alla luce è che secondo Gesù deve risplendere la nostra luce davanti agli uomini, perché vedano le nostre opere buone e rendano gloria al Padre nostro che è nei cieli. Chiaro invito ad essere persone rette, sagge, luminose, trasparenti e senza ipocrisia.
C’è da chiedersi perché Gesù fa riferimento al sale e alla luce per indicarci un comportamento da assumere coerentemente con il Vangelo. La risposta la possiamo trovare nel significato, valore, peso ed uso che la gente comune fa del sale e della luce, non solo quella naturale, ma anche quella artificiale. Cerchiamo di approfondire il tema di questa domenica, nella quale celebriamo anche l’annuale giornata della vita e per la vita. Luce e sale hanno stretto rapporto proprio con il dono della vita. Non a caso quando nasciamo si usa il termine è venuto alla luce, per indicare l’arrivo di una nuova creatura, già formata nel grembo materno a partire dal momento che concepimento, e poi venuta al mondo con il parto della mamma che l’ha portato in grembo con amore e trepidazione. Così anche per il sale, che se c’è nelle pietanze dà sapore ad esse, ma se ce l’abbiamo in testa, in senso metaforico, siamo persone sagge ed equilibrate. Chiaro riferimento all’uso del sale nel rito del battesimo.
Necessità fondamentale nella vita, il sale è stato usato fin dall’antichità per molti scopi diversi, e possiede un profondo significato spirituale. Nella Bibbia, il sale gioca un ruolo interessante e spesso contraddittorio. Il Levitico ed Ezechiele sottolineano che il sale era una parte importante dei sacrifici religiosi ebraici: “Condirai con sale ogni oblazione e non lascerai la tua oblazione priva di sale, segno del patto del tuo Dio. Su tutte le tue offerte metterai del sale” (Levitico 2, 13). Il sale veniva anche gettato sull’offerta che bruciava (Ezechiele 43, 24), ed era parte dell’incenso offerto al Tempio (Esodo 30, 35). Perfino i neonati venivano strofinati col sale, come si legge in Ezechiele 16, 4: “Quanto alla tua nascita, il giorno che nascesti l’ombelico non ti fu tagliato, non fosti lavata con acqua per pulirti, non fosti sfregata con sale, né fosti fasciata”. Nell’antico Israele, il sale era anche ampiamente usato in modo simbolico. Il Libro dei Numeri e il secondo Libro delle Cronache presentano il sale come il simbolo che conferma l’amicizia tra le parti. In alcune regioni del Mediterraneo, infatti, mangiare sale insieme era (ed è ancora) un segno di amicizia.
Nei Vangeli il “sale” è impiegato per esprimere la capacità di conservare, purificare e pulire. Come il fuoco spazza via l’impurità trasformando tutto nella sua sostanza (ovvero consumando), il sale arresta la corruzione, ferma la decomposizione, allontana la distruzione e preserva qualsiasi cosa venga a contatto con esso. In sostanza, il sale protegge dalla decadenza. È chiaro, quindi, che Gesù sta invitando i suoi discepoli a preservare la buona volontà che “condisce” i rapporti positivi tra i popoli e protegge la comunità dall’essere corrotta, mantenendola in buono stato.
Più antico è l’uso del termine luce nei testi sacri a partire dalla Genesi e racconto della creazione. Tutto l’Antico Testamento fa appello alla luce e rimanda alla luce e in contrapposizione alle tenebre.
Cristo stesso si auto presenta come luce dicendo di se stesso “io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). Su questa linea si pone l’inno che apre il Vangelo di Giovanni ove il Lógos, il Verbo-Cristo, è presentato come «luce vera che illumina ogni uomo» (1,9).
Quest’ultima espressione è significativa. La luce viene assunta come simbolo della rivelazione di Dio e della sua presenza nella storia. Da un lato, Dio è trascendente e ciò viene espresso dal fatto che la luce è esterna a noi, ci precede, ci eccede, ci supera. Dio, però, è anche presente e attivo nella creazione e nella storia umana, mostrandosi immanente. E questo è illustrato dal fatto che la luce ci avvolge, ci specifica, ci riscalda, ci pervade. Per questo anche il fedele diventa luminoso: si pensi al volto di Mosè irradiato di luce, dopo essere stato in dialogo con Dio sulla vetta del Sinai (Esodo 34,33-35). Anche il fedele giusto diventa sorgente di luce, una volta che si è lasciato avvolgere dalla luce divina, come ricorda Gesù ai suoi «Voi siete la luce del mondo… Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini» (Mt 5,14.16), nel brano del vangelo di questa domenica.
Essere sale della terra e luce del mondo per un cristiano significa vivere coerentemente e gioiosamente la sua esistenza di credente, per testimoniare agli altri come è bello essere dalla parte di Cristo, Lui la vera luce del mondo e il vero sale della terra.
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