Maria Santissima Madre di Dio

Siamo in compagnia della Vergine Madre, Regina della pace. Ma quale pace invochiamo e quale pace può intercedere, la fanciulla di Nazareth, in un mondo ferito e straziato da secoli, tragicamente attraversato, ieri e oggi, da bufere di violenza e di odio? Quale pace ha conosciuto lei, nella notte di Betlemme, negli anni della maternità, quando già da bambino il figlio è divenuto segno di contraddizione e altre mamme hanno patito il grido straziante dei propri piccoli uccisi? Quale pace, poi, possiamo desiderare e sperare noi, ogni anno più consapevoli di far parte di una umanità dal cuore duro, egoista e aggressivo?

Restiamo lì, accanto a lei. E cerchiamo di capire, o forse di sentire una brezza nuova. Sì, perché di brezza si tratta, come quella di Elia, dopo che i frastuoni sono finiti, anche quelli che camuffavano Dio da giustiziere e vendicativo.

La pace che porta Maria fa poco rumore. Ce ne accorgiamo perché attorno alla culla di Betlemme di chiasso se ne fece probabilmente tanto. Non era poi così isolata, quella mangiatoia, se molti erano già lì quando arrivarono i pastori, tanto da poter ascoltare stupiti i loro racconti angelici. Probabilmente Giuseppe aveva cercato aiuto, e la voce di un nuovo nato era corsa tra le comitive di pellegrini. Un fanciullo che viene alla vita non lascia comunque indifferenti: sarà presto un figlio di Abramo. Qualche zelane levatrice si sarà fatta viva a dare i suoi consigli da esperta alla giovane venuta dal nord. E poi la frenesia di una vita da carovanieri, l’ansia del censimento, le grida, le faccende quotidiane.

In mezzo a tanto subbuglio, per Maria esiste prima di tutto e soprattutto il corpicino del suo bambino. E quel volto che rivela il volto dell’Altissimo. Mistero di intimità, umana e divina. La benedizione del Signore di Israele raggiunge l’animo e la vita di questa sua figlia, divenuta sua Sposa, nell’incontro di sguardi con il piccolo, Figlio di Dio fatto figlio dell’uomo.

La pace nasce lì: quando vi è un riconoscersi reciproco, quando due persone si restituiscono uno sguardo per dirsi senza parlare chi sono l’uno per l’altra. I volti che si incontrano sono spazio di relazione, sono dignità vissuta e confermata. Gesù, senza saperlo ancora, consegna a Maria tutta la sua bellezza – ogni mamma è più bella nei giorni del parto -, la sua dignità e identità di donna, la sua importanza di creatura. La pace è questione di cuore: quando il cuore sente di ricevere il diritto di esistere e di amare, ecco che sperimenta la sorgente della pace.

Nella confusione dei viandanti, Maria riconosce il mistero nato con il figlio. E così riconosce anche i pastori come strani custodi di una buona novella. Diventano loro stessi angeli, messaggeri: ecco la dignità, il valore di creature che si aprono alla relazione con l’Onnipotente. Maria ‘serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore’.

Nel silenzio, lei custodisce l’evento di salvezza, così concreto da ridondare di gioia e di stupore negli animi di tutti. La pace è sinonimo di gioia. Nasce quindi nell’intimo, non nelle azioni esteriori. Si rivela però nelle scelte concrete, che hanno radice da dentro. Altrimenti è sterile, anzi è falsa.

Così Maria ci indica la strada. La pace è questione di custodire, instancabilmente, spesso contro corrente, lo spazio che merita Dio nella propria vita. Pure nella confusione; e più ancora, pure nella tragedia, quando una spada trafigge l’anima. Pure nell’inferno, della persecuzione, della guerra, della morte che si semina. Custodire, proteggere, difendere a tutti costi il Dio bambino in noi: così ci insegna un’altra giovane ebrea, Etty Hillesum, dentro il dramma dell’Olocausto.

Questa custodia permette a Dio di essere nostro custode. Questa relazione cercata, dopo averla desiderata, fa di noi tabernacoli di pace, come lo è stata lei, la Vergine Madre, sempre.

Costruiamo allora, in questo anno che inizia, una stanza nuova, o liberiamo quella che nel nostro intimo ci abita, perché possa trovare dimora l’Altissimo che si fa piccino. Se la pace abiterà così in noi, se il Custode troverà custodia in noi, allora la sua ombra rigenerante si allargherà dalla Vergine Sposa a noi, per renderci germe di speranza. E l’inferno sarà vinto, perché troppo grande è per Dio la nostalgia di ogni suo figlio per lasciarlo, solo, ardere eternamente della Sua assenza.

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