IV domenica di Quaresima

Nel racconto evangelico di questa domenica ci è posto davanti, al di là dell’episodio specifico della vita di Gesù, l’itinerario che ciascun battezzato compie per venire alla luce della fede. Ciascuno di noi nasce spiritualmente cieco, però, camminando nella vita, per un dono di Dio, la luce della fede ci apre gli occhi sulla realtà fino a incontrare e riconoscere personalmente in Gesù Cristo la verità di Dio e dell’uomo. Perché se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio (Gv 3,3). Il racconto è denso di simbolismi, sarebbe bello commentarlo nella sua interezza, ma non possiamo. Desidero soffermarmi con voi solo su un aspetto, peraltro richiamato dalla prima lettura della liturgia di oggi.

Passando, vide un uomo cieco dalla nascita (Gv 9,1). Gesù vede un uomo che non lo vede; vede un uomo che gli altri vedevano soltanto nel proprio status di mendicante, certamente non gradevole allo sguardo (Gv 9,8). Non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore (1Sam 16,7). Gesù è attirato dalla piccolezza di quel cieco e, nel suo vedere e agire, conferma la parola che Dio rivolge al profeta Samuele, inviato nella casa di Iesse per scegliersi il re del suo popolo. Gesù non si perde dietro inutili interrogativi che gli uomini pongono davanti al mistero della sofferenza umana (Gv 9,2-3). La compassione è sempre il movente di ogni sua azione, la compassione porta il Signore a chinarsi sempre su chi è escluso o messo ai margini di una vita più umana (Gv 9,4-7).

La mancanza di compassione e l’incredulità sembra invece attorniare subito l’ex-cieco dopo il miracoloso intervento di Gesù (Gv 9,10ss.). L’uomo risponde con sincerità a ciascuna domanda che gli si rivolge, ed è lì, con la vista riacquistata, a testimoniare la bellezza di quanto accaduto. Eppure nessuno si apre allo stupore di questa vita restituita alla gioia del dono della vista, persino i suoi genitori (Gv 9,20-22) in preda alle proprie paure, non entrano nella meraviglia operata dal Signore. Anzi, per giudei e farisei quel miracolo è solo argomento per imbastire un processo sommario e trovare ogni tipo di cavillo che sostenga non solo la loro incredulità, ma anche l’accusa di peccato verso Gesù e il cieco graziato (Gv 9,16.24.34). Succede sempre così con chi non sa sorprendersi dell’agire divino, perché impegnato a promuovere e difendere la religione della dottrina fredda che categorizza gli uomini in figli di serie “A”, di serie “B”, “C” ecc.; la religione dei privilegi che, facendo presa sulle paure che abitano nelle coscienze umane, cavalca l’immagine del Dio impietoso per controllarle a proprio vantaggio. E’ la religione che, non sopportando di perdere il suo potere sulle coscienze, non può che avvertire come una grave minaccia Gesù e la sua opera, perché porta in dono all’uomo una fede libera e liberante.

L’esito dell’incalzante interrogatorio è inevitabile. L’ex-cieco viene espulso dalla sinagoga a motivo della sua testimonianza (Gv 9,34). Ogni aspirante discepolo deve saperlo. Se sta camminando davvero sulle orme di Gesù, questa esperienza sarà inevitabile. La progressiva illuminazione della fede comporta la progressiva aggressività di chi è ancora nelle tenebre, persino di chi presume di conoscere e seguire Dio. Ma è proprio nella condivisione profonda del suo stesso incomprensibile destino, è proprio nell’esperienza di essere banditi dalla comunità umana a causa del nome di Gesù, che il discepolo entra in un rapporto più intimo con il Signore. Che bello il versetto che introduce il faccia a faccia tra Gesù e il cieco guarito! Dopo aver incassato la scomunica dei farisei, il vangelo ci dice che Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori (Gv 9,34). Ecco il privilegio di tutti coloro che rimanendo nella verità piccoli, sofferenti e senza difensori, incuranti del disprezzo di chi conta religiosamente, possono accogliere il Signore che rivela a loro la propria identità: tu lo hai visto, è colui che parla con te (Gv 9,37).

Franco Zeffirelli ha sceneggiato mirabilmente, nel suo film sulla vita di Gesù, l’incontro al tempio dell’ex-cieco con Lui e il prosieguo di questa parte del racconto. Da una parte i farisei e i dottori della Legge schierati come un plotone di esecuzione mentre guardano minacciosamente Gesù da un’altra parte che posa la sua mano sul cieco guarito (Renato Rascel) che si rannicchia a una sua gamba. Da un lato gli oppressori, dall’altro l’oppresso insieme al Dio che starà sempre dalla parte di ogni oppresso.

E’ per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi (Gv 9,39). Anche se Gesù non è venuto per condannare, davanti a Lui è già cominciato un giudizio che in realtà compiamo noi stessi. Infatti, in un altro testo del suo vangelo, Giovanni dice che il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie (Gv 3,19). L’uomo ha la libertà di rifiutare la luce che è venuta per illuminare ogni uomo (Gv 1,9) e preferire le tenebre di una vita mondana e incurante delle cose di Dio, cullando l’illusione di vedere e sapere ciò che giova alla sua vita. Allora la scoperta del suo accecamento potrà essere l’unica ancora per la sua salvezza (Gv 9,41), come accadde al più celebre dei farisei della Bibbia: Saulo di Tarso (At 9,8-9).

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