IV domenica di Avvento

L’incontro è tutta trepidazione. L’evento che sconvolge la storia è tutta meraviglia. L’aria è silenziosa e tersa, in quel di Nazareth, borgata ai margini della storia eppure al centro dell’eternità. Dio ha scelto il quotidiano, il nascosto, l’invisibile. Chi l’avrebbe mai detto? Chi l’avrebbe mai potuto immaginare?

Ma l’amore è fatto di fedeltà e di sorpresa. L’amore è perseveranza e novità insieme: conferma e stupisce, consola e scuote. Dio viene nella ferialità di una fanciulla che attende, con il suo popolo, la redenzione della sua gente ferita e smarrita. Dio realizza la promessa, le promesse.

Ma il compimento non è irrigidimento. Dio evita i rumori del tempio, Dio preferisce le periferie del mondo. E così la promessa che si compie diviene anche futuro che si apre. Imprevisto: Dio è imprevisto! Perché Dio è vita, è relazione, è incontro, e ogni incontro, se autentico, spalanca cammini di novità.

L’incontro è bellezza. Nella sua maestosa e semplicissima intensità: un Dio che si fa amico di una ragazzina, per chiacchierare del futuro dell’umanità, per decidere le sorti di tutte le donne e gli uomini di ogni tempo. L’incontro è sussulto, impensabile… impossibile! Impossibile pensare che la meta del nostro esistere penda dalle labbra di una giovinetta. Impossibile supporre che l’Infinito attenda, trepidante, la decisione di una sua piccolissima figlia. Impossibile congiungere due poli così distanti, per la nostra cocciuta mente calcolatrice…

Ma “nulla è impossibile a Dio” (v. 37). Nulla è impossibile all’amore. Anzi, l’amore porta il nulla all’esistenza, l’amore travalica i confini della ragione e porta a galla la più intima ragionevolezza. La vita ha senso se vive il piccolo, la vita è bella perché emerge la dolcezza del dettaglio, la finezza della traccia, la premura del nascondimento. Così anche l’incontro è bello, quando corre il rischio dell’attesa e lascia all’altra, la più piccola fra tutte le donne – e per questo la più bella -, tutta la libertà di scegliere la sua risposta.

Che subbuglio di sentimenti, o piccola Maria! Che travaglio concepire e già generare, in un parto di fede, quel bimbo altrettanto piccolo e allo stesso tempo immenso, figlio del’Altissimo! Hai vissuto tutta la tua umanità, o Maria, in quegli istanti mattutini, nella brezza dell’aurora. La tua attesa ha incrociato lo sguardo e la parola di Dio, tramite il suo messaggero soave; e poi è divenuta Sua, questa tua attesa di madre.

Dio sta con il fiato sospeso, davanti a te. E dal profondo del tuo grembo di donna, finalmente chiamato a divenire se stesso, è sgorgata la Parola creatrice: fiat! Tu hai prestato a Dio l’attesa, Lui ha donato a te la sua Parola! Dio ha iniziato a vivere in te. La sua Parola, il suo Verbo di vita, ha iniziato a crescere nell’infinitamente piccolo, per far di ogni piccolezza un inno all’Infinito.

Anche noi, dolce Maria, fanciulla e madre, attendiamo trepidanti. Anche noi cerchiamo lo sguardo e la Parola di Dio che ci attende. A te imploriamo di irrorarci della stessa Grazia che ti ha dato il nome e la bellezza. Tu sei la piena di Grazia, la traboccante di Lui, la sorgente dell’incontro. A te chiediamo di allargare le frange del mantello con cui l’ombra benedetta ti avvolse, e di accoglierci tutti sotto, noi deboli peccatori bisognosi di redenzione. Condividi con noi, o Maria, la sorpresa consolante della promessa che si compie e che ci supera.

Anche noi, tenerissimo Verbo racchiuso nelle membra fragilissime di bambino, desideriamo ardentemente concepirti nello spirito, nutrirti in noi perché Tu ci nutra, lasciarti crescere, Figlio in noi, figli in Te.

Vieni, Dio umile di Israele. Scegli nuovamente la piccola Madre, vieni e salutala, perché si riversi abbondante la Grazia laddove noi seminiamo fin troppa zizzania. E così, in Maria, la Chiesa, figlia e Madre, diventi casa feriale dell’impossibile: Tu, Dio infinito, hai scelto l’ordinario, l’incontro, il nascondimento per restituire al mondo l’esultanza del senso.

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