III domenica di Quaresima

L’intera vita dell’uomo si svolge all’interno di un pensiero in cui la relazione causa-effetto è fondamentale. L’“azione e reazione” è una logica irrinunciabile! Siamo abituati ad applicare a tutto il vissuto umano, compreso quello religioso, tale pensiero, tale logica e, per certi versi non possiamo sfuggirgli: non posso attraversare una strada trafficata senza guardare: le conseguenze saranno probabilmente disastrose; posso essere violento e prepotente, ma se per questo cado in disgrazia o vengo colpito posso dire “me la sono cercata”; abbiamo costruito città e case su zone sismiche e vulcani, sui corsi d’acqua non curandone il percorso, se arriva un terremoto, od erutta un vulcano o il torrentello diventa un fiume in piena, travolgendo tutto e tutti, possiamo dire di non avere colpa? Tutto questo è logico, è logica, e da sempre cerchiamo di applicarla e non sempre la applichiamo “cum grano salis” per vivere meglio, coscienti di come funzionano le cose, rispettosi del bene e della vita umana.

Applicare questa logica a Dio o agli dei, è stato anch’esso, da sempre, un pallino umano: parlare dell’onnipotenza di Dio e non attribuirgli la causa del bene e del male vuol dire declassare Dio a “quasi onnipotente” se non per nulla potente, quindi un non-dio. Questa logica non porta al Dio di Gesù, ma porta ad un rapporto difficile dell’uomo con Dio stesso: ricordate cosa è successo presso le acque di Massa e Meriba, dove Mosè stesso deve arrendersi al suo popolo che vuole mettere alla prova Dio stesso, per poi rassegnarsi che né lui, né chi è uscito con lui dall’Egitto, entrerà nella Terra Promessa. Questa logica porta all’”Alleanza del merito”, ad un “io/noi facciamo qualcosa per te e tu Dio fai qualcosa per noi”, e poi “se non faccio quello che vuoi, Dio, (e quindi pecco!) fammi crollare addosso pure tutta la casa e puniscimi!”. Il punto con cui oggi si incontra/scontra Gesù nel Vangelo di oggi.

L’errore più grande eccolo qua, lo vediamo giungere fino alla logica dell’”ordalia”, l’antica pratica con cui si stabiliva chi aveva ragione secondo Dio, usata addirittura dal Diavolo contro Gesù: “se tu sei il figlio di Dio buttati da pinnacolo e gli angeli ti sosterranno!”, come abbiamo sentito la prima Domenica di Quaresima. Gesù, rifiuta fermamente questa logica applicata a Lui, la sua missione è salvarci rivelandoci il vero volto di Dio: Egli non è venuto a confermare quello che pensiamo noi di Lui, ma a mostrarci chi è Lui veramente e quale è il punto nodale, essenziale, irrinunciabile, della relazione/alleanza degli uomini con Lui!

Questo punto nodale o di svolta è l’Amore: riconoscere, accogliere e vivere l’Amore di Dio ed entrare nella sua logica di amore ri-amando Lui che ci ama, incarnando quest’amore nell’amore reale per gli altri uomini, concretizzarlo fino a fare degli altri uomini dei fratelli con cui, insieme, entreremo nella resurrezione per la vita eterna. Questo è talmente importante che rifiutare la logica dell’amore è disconoscere Dio stesso, rifiutare il suo Figlio Gesù, e quindi condannarsi ad una morte eterna, ad un peccato che ci farà morire veramente, ma non sotto delle macerie o per mano di qualcuno o per una guerra, ci farà morire alla vita vera, al mondo riscattato dalla ricreazione nella resurrezione, dove non ci saranno più le nostre umane logiche, grette e scontate, ma l’immensa logica dell’amore, la Legge assoluta di Dio, quella Legge che se non coltiviamo e ci alleniamo fin da adesso non capiremo quando incontreremo Gesù, quando arriverà il momento della Giustizia e ci verrà chiesto: Ti è piaciuto vivere nell’amore? Vuoi entrare nel Regno dell’Amore? Vuoi vivere in eterno l’amore? Cosa risponderemo? Soprattutto, saremo capaci di rispondere se già in questo pellegrinaggio terreno abbiamo rifiutato l’unica logica dell’amore che Dio stesso nella Persona di Gesù ci ha mostrato?

Non c’è tempo, non ci sono scuse, se non vogliamo morire da “peccatori” come ci ricorda Gesù, ma non secondo il pensiero della logica della violazione del precetto o della legge – logica prettamente umana -, ma peccatori secondo la logica e la Legge dell’amore che Gesù stesso ci consegna come la Legge più grande di tutte. Affrontare le orribili brutture di questo mondo, guerre, carestie, malattie, terremoti e morire a causa di esse non è un peccato se le affrontiamo secondo la logica dell’amore: amando i fratelli, sollevando le sofferenze, offrendo speranza e consolazione! In fondo, ricordiamoci, se vogliamo vincere con Cristo dobbiamo lottare come Lui ha lottato contro l’ingiustizia di questo mondo sfigurato dal male come ha fatto Lui! Lui che Dio ha fatto “peccato” per noi, per inchiodare il peccato stesso sul legno della croce.

Dopo la legge dell’amore, dopo che il volto di Dio è stato rivelato senza nessuna riserva da Gesù, le tragedie e le sofferenze di questo mondo non possono più indicare chi è nel peccato e chi no, chi è secondo Dio e chi no. Dopo la Croce di Gesù nessun’uomo può diventare giusto senza guardare a lui che hanno trafitto, e l’unico vero peccato che ci allontana da Dio è non guardare a Lui, ignorare il Crocifisso, farsi beffe dell’Amore di Dio che muore in croce per noi per dimostrarci il suo amore: peccato è non ascoltare quel grido di Gesù che prima di morire dice “ho sete”, ho sete del vostro amore, ho sete dell’amore che scorre fra voi e da voi arriva a me, datemi da bere questo!

In questi tragici e drammatici giorni della guerra in Ucraina in cui assistiamo, ancora una tragica volta nella storia, all’uomo che rifiuta l’amore, si decide per la morte e la violenza, che si abbandona alla sete di potere incontrollato, di chi è la colpa? In questi giorni in cui vediamo anche tanti che allungano le mani – e tutto quello che possono – per aiutare, sollevare, accogliere, donare, malgrado e nonostante tutto, di chi è il merito? Colpe e meriti, dopo Gesù, non possono essere più misurati secondo la logica della “causa-effetto” ma secondo la legge dell’amore. Il cuore di Dio non si scalda di fronte la pratica di un precetto religioso, all’osservanza delle regole, di cosa, per gli uomini, è peccato o non lo è, il cuore di Dio si scalda solo di fronte ad un cuore che, rivolgendosi a lui, si impegna nell’amare e nell’amore. Tutti periremo, tutti verremo travolti dalla morte, con l’unica differenza che chi è riuscito a scaldare il cuore di Dio verrà partorito alla vita, che dal suo cuore aperto esonda generosa -come uscì sangue ed acqua dal cuore squarciato di Gesù-, e chi non è riuscito nemmeno ad avvicinarsi al cuore di Dio perirà all’amore stesso. Che succederà a questi “morti all’amore”? Non lo so, mi vengono i brividi, anche solo nel provare ad immaginare quanto sarà terribile: non poter entrare nella Vita di Dio perché si è senza amore, perché ci si è resi incompatibili con l’eternità dell’amore, l’essenza stessa di Dio e della vita eterna, con il rischio di dover poi vivere lo stesso un’eternità ma lontano dall’amore, senza più la possibilità di amare ed essere amato, e dover vivere magari un’eternità in compagnia di tutti coloro che hanno rifiutato l’amore e che mai saranno miei fratelli, sottoposto ad un’eternità all’odio insensato altrui, odiando insensatamente a mia volta! Non voglio andare avanti, da parte mia so solo che proverò ad entrare e rimanere nel cuore di Dio, ben attento a non separarmi dall’amore, ricordandomi, in questo cammino di Quaresima, che mi è stato donato un tempo per convertirmi all’amore, un tempo per decidermi definitivamente per l’amore, affinché, quando arriverà il mio tempo di passare alla vita per la morte, sia finalmente un si all’amore per sempre che riceverò fra le braccia del Padre.

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