III domenica di Pasqua

Il vangelo di questa domenica può essere visto anche come una bella icona di ciò che la comunità cristiana può essere oppure può diventare. E non è un gioco di parole o di sfumature, non una semplice immagine, ma una vera e propria icona. A mio avviso questo testo è di una profondità ecclesiologica, come pure spirituale, veramente impressionante. Per non dire poi della bellezza e genuinità umana, e al contempo divina, che ne emerge da questo episodio raccontato solo dall’evangelista Luca (e menzionato solo di sfuggita nell’epilogo aggiunto di Marco).

Possiamo notare subito il fatto che si tratta di due persone in cammino da Gerusalemme verso Emmaus, dalla città verso la campagna, dal centro verso la periferia, dalla luogo della passione e risurrezione di Gesù verso la loro casa: partono dalla casa dove erano riuniti gli altri discepoli. Il tratto di questo allontanamento dal centro, dall’essenziale, è niente altro che la tristezza, lo scoraggiamento, la mancanza di entusiasmo, energia e cosi via è tutto ciò che la delusione produce. Tuttavia, in questo quadro quasi del tutto negativo ci sono due elementi che poi si dimostrano positivi, anche se vissuti inconsciamente: il fatto che camminano e discutano tra loro, non di cose superficiali, ma delle cose che stanno vivendo in quei momenti. Il loro camminare e discutere è sincero.

Proprio questi due elementi saranno ripresi dallo “straniero” che si avvicina, e sono gli stessi elementi che diventeranno l’aggancio per iniziare un dialogo intenso e sorprendentemente e, inaspettatamente (per loro), efficace. Il loro stato d’animo è palesemente segnato dalla delusione. E si tratta della delusione per un’attesa che vedevano tradita nei fatti concreti. Vale la pena di insistere che proprio questo cortocircuito esistenziale è, allo stesso tempo, la prova della loro sincerità come pure il punto di partenza della novità che sta per nascere. Ecco dunque gli elementi dello sfondo dell’icona di cui si accennava all’inizio: il camminare, il dialogare con massima sincerità e trasparente intenzione. Può sembrare uno sfondo magari non tanto attraente, ma senza questo sfondo l’icona perde della sua bellezza.

Bellezza che inizia a concretizzarsi con l’arrivo discreto, quasi impercettibile, del “pittore”, dell’iconografo il quale, con pazienza e delicatezza, ma anche con fermezza, procede a “svelare” gli occhi dei due perché riescano a vedere che quell’icona non è venuta dal nulla, ma riflette un disegno che va oltre le possibilità immaginative dell’essere umano. Appare molto significativo il fatto che anche durante la spiegazione degli elementi del disegno i loro occhi rimangono ancora velati, anche se il cuore – secondo ciò che diranno in seguito – inizierà a percepire qualche briciolo di novità. L’affascinante spiegazione della Scrittura che dà il Risorto – nascosto dietro la maschera di un “passante” – condurrà i due alla scoperta straordinaria della loro vita: ciò che sembrava morto in realtà è vita ad una intensità superiore; ciò che sembrava perso in realtà è talmente vicino da sfuggire all’osservazione; ciò che era motivo di delusione, della sfiducia, diventa la certezza di una verità che salverà davvero l’essere umano da tutto, compresa la morte.

Questa percezione e questo “fiuto” del cuore spinge i due a insistere: “Rimani con noi”. Avranno ancora discusso a lungo? Chi lo sa? É certo però che lo sconosciuto, ad un certo punto, fa dei gesti conosciuti ai due, che loro avevano visto pochi giorni prima da “qualche parte”. Ora, la spiegazione del disegno, vale a dire delle Scritture, trova compimento nel segno dello spezzare un semplice e banale pane. Ma questa semplicità banale si rivela la medicina per la loro cecità: i loro occhi ora vengono sanati, dopo che il loro cuore aveva già iniziato ad ardere sentendo e comprendendo le parole della Scrittura. Ora la rivelazione di Dio è completa: il loro camminare dialogando trova compimento nella comprensione del disegno della salvezza, restaurazione dell’uomo in Cristo, icona della felicità in Dio.

Si può capire ora come è impossibile, per la singola persona, raggiungere questo stato di felicità autentica se rimane fermo, se si blocca in un silenzio indifferente sulle cose della vita. Ma è ancora impossibile, anche per la Chiesa, vivere la propria vita – in quanto comunità di persone credenti in Gesù – e raggiungere il suo scopo se si allontana dal centro.

L’icona umano-divina di Emmaus rivela che la novità della risurrezione di Gesù non è avvenuta “ex nihilo”, ma che è stata preparata proprio attraverso le cose “antiche” dei profeti, della Scrittura. I due riconoscono il risorto nello spezzare del pane solo dopo aver sentito e compreso le Scritture dei profeti. Saltando questa tappa, oppure guardando altrove, ad altre istanze “rivelative”, può essere deviante: l’identità del risorto è rivelata dalle profezie della Scrittura, non dalle proprie percezioni o attese. L’entusiasmo dei due è ottenuto proprio dalla comprensione dell’importanza del passato, radice e chiave del presente. La novità della risurrezione è in coerente continuità, anche se sorprendente, con tutto ciò che è stato scritto prima.

Come nessun’icona non si capisce in profondità senza conoscere qualche dettaglio riguardante l’intenzione dell’autore, così neanche le novità di Dio (compresa la risurrezione) non si può capire senza la Scrittura.

«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?»

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