II domenica dopo Natale

Il Verbo di Dio, ossia la Parola per mezzo della quale Dio aveva creato tutto il mondo, identificata anche con la Sapienza di Dio e anche con Dio stesso, quando venne la pienezza del tempo (Gal 4, 3) si è incarnata e ha assunto il nostro tempo, è entrata nella nostra storia e si è resa partecipe della nostra vita. Questo è successo a Betlemme, presso una coppia di sposi nazareni che ivi si era recata per adempiere a un’ incombenza di legge. Il Natale è tutto qui. Comincia da un progetto eterno e infinito che oltrepassa tutto l’universo, procede da un ambito misterioso e impenetrabile e inafferrabile da qualsiasi raffinatezza di pensiero umano e si realizza in un luogo e in un evento si estrema semplicità. Il Natale è il Tutto nel frammento, come direbbe Von Balthasar, l’infinito in un cassetto, la trascendenza che diventa esperienza o l’intero in una minuscola parte. Giovanni nel suo prologo parla di un principio, cioè di un inizio atemporale prima ancora che esistesse la prima particella di gas o di materia; in questo principio, quindi prima ancora che ogni cosa avesse origine, era presente solo Dio accanto al Verbo. Ma il Verbo e Dio sono sempre state la stessa identità: Dio è infatti uno solo ma in Tre Persone: il Padre, il Figlio (appunto il Verbo) e lo Spirito Santo che era al principio assieme agli altri Due. Il Verbo (Figlio) è compartecipe della creazione e della messa in opera di tutte le cose e in un determinato momento, preceduto da Giovanni Battista che ne precorre i tempi e la missione, si rende carne, assume cioè la nostra natura debole, fragile e sottomessa per venire ad abitare in mezzo a noi. Assumendo un nome terreno che indica una promessa divina adempiuta: Gesù Cristo infatti significa Salvatore Unto da Dio, Messia universale atteso e prefigurato da tantissimi secoli.

Cos’altro più eloquente se non Dio che assume le vestigia di un bambino, l’Infinito e l’Eterno che entra nella nostra storia e si sottomette ai nostri calendari e alle nostre misure spazio temporali? Nel Natale si concentra tutto il mistero della rivelazione, che è il concedersi totale di Dio all’uomo, l’instaurare relazioni amichevoli con noi, l’intraprendere cammini e percorsi di solidarietà e di amicizia con chi deve assolutamente essere recuperato. Il Natale è il tempo in cui la Sapienza che l’uomo cerca dappertutto senza esito o conosce solo frammentariamente e con disordine, si presenta essa stessa alla portata dell’uomo, perché questi possa convivere animato da essa e intraprendere i suoi itinerari di vita per raggiungere la salvezza. La Sapienza è lo stesso Verbo Gesù come di fatto preciserà anche Paolo (1Cor 1, 24), che era presente quando Dio creava il mondo e che adesso è venuta a costruirsi una casa fra di noi. Di conseguenza vivere sapientemente non consiste nell’adottare espedienti profani, ma conformarsi in tutto e per tutto alla volontà stessa di Dio, considerando i suoi progetti migliori dei nostri, le sue vie prevaricanti le nostre vie, i suoi criteri molto più garanti e promettenti dei nostri. Chiedere la sapienza con fede vuol dire aspettarsi qualcosa che Dio ci darà con certezza e che sarà alla base della nostra felicità e del nostro successo, purché i nostri intenti non siano lestofanti e libertini (Gc 1, 5 – 8).

La Sapienza con cui è possibile ricostruire il mondo e procacciare in noi, specialmente in questo attimo presente tanto combattuto e incerto per la pandemia, le motivazioni per la ripresa economica, sociale, psicologica e politica si è resa manifesta in un Bambino, che ci incute fiducia e speranza di poter uscire indenni dal tunnel cantando vittoria. Con la sapienza che proviene da Dio, anzi con Cristo sapienza di Dio è possibile superare tutte le incertezze e riprendere a credere in noi stessi, non demotivarci ma reagire, combattendo senza risparmiarci per la sconfitta del malessere che ci affligge e per le conseguenze nefaste che ha comportato. Al contempo però essa è anche garanzia di modestia, umiltà e sottomissione che possano evitarci l’autocompiacimento e l’autoesaltazione, pur garantendo che abbiamo fiducia in noi stessi.

Non si tratta di un sapere riservato ai dotti e agli intellettuali, ma di una Sapienza divina che si associa con la potenza e quest’ultima non è qualcosa di paragonabile alla pretesa umana di affermazione. Potenza di Dio è ciò che per noi è debolezza, quindi l’aspetto esile e vulnerabile che tuttavia manifesta la vera forza.

In una parola, Natale è il Verbo di Dio che si fa per noi perché noi possiamo vivere di lui senza alcun grado di istruzione accademico ma semplicemente con l’umiltà e la buona volontà che alimentano la fede dalla quale scaturiscono le ragioni della speranza. Natale è l’affascinarsi del Verbo di Dio per la nostra natura perché noi cogliamo il fascino della divinità e lo facciamo obiettivo da raggiungere in futuro e nel quale perseverare al presente.

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