I domenica di Quaresima

Oggi la Chiesa sottopone alla nostra attenzione il celebre brano che narra l’episodio sconcertante delle tentazioni riservate a Gesù.

Sconcertante perché la nostra scadente lettura dello spirituale e del mistero ci porta talvolta a pensare che Dio avrebbe potuto riservare al Suo Figlio preferito un trattamento particolare, avrebbe potuto cioè evitargli passaggi burrascosi e problematici.

Invece, per ripetere una espressione popolare, anche a Gesù non è stato fatto mancare niente quanto a guai e problemi, anzi.

E uno di questi guai o problemi è proprio quello delle tentazioni alle quali lo Spirito lo ha indotto a subire poco prima della sua missione.

Ci chiediamo subito cosa poterne ricavare come nutrimento per la vita dell’anima. Tralascio di ricordare le numerose e pregevoli interpretazioni delle metafore presenti nelle tre tentazioni (pane, potere, spettacolarità) preferendo cercare di andare a scovare l’anima nascosta che fa da comune denominatore alle medesime.

Un primo immediato insegnamento è quello di non cercare di venire a patti col diavolo, quello di non fidarsi delle sue lusinghevoli, ma ingannevoli promesse. Nel decorso della vita, infatti, si subirà sovente l’assalto del tentatore, del diavolo. Nessuna negoziazione col diavolo, quindi.

E opportuno ricordare, infatti, l’identikit del tentatore che viene ben evidenziato dalle tre parole con le quali viene qualificato: la parola “diavolo”, nella sua radice etimologica significa “divisore”, così come “satana” significa “nemico”,” avversario” e “demonio” significa “genio dannoso”.

Il che sta a significare che il tentatore è “nemico” di Dio, che la sua funzione è quella di “portare divisione e danno” e che la maniera che mette in atto per arrivare allo scopo di allontanare da Dio è “affascinante”. Attenzione, quindi, a non lasciarsi agganciare e sedurre.

E ciò è possibile prendendo consapevolezza e ricordando che la nostra anima ha di per sé una inclinazione naturale (genetica si direbbe) a fidarsi soltanto dalla soave voce dello Spirito, il vero protagonista di tutto l’episodio posto alla nostra attenzione oggi.

Quello Spirito al quale chiedere discernimento per saper riconoscere subito le tentazioni o meglio ancora l’anima di ogni tentazione.

E questo è il secondo insegnamento. A ben considerare sembra infatti di poter dire che l’anima di ogni tentazione possa essere quella che sollecita e lusinga mente e cuore a badare soltanto al proprio interesse, al proprio buon nome, al proprio orgoglio, al proprio successo, alla propria vita, a fronte invece a quello di badare “prima di tutto” alla causa del Regno di Dio (“e il resto vi sarà dato in aggiunta”).

Avere chiaro in mente che la realtà più grande è il Regno di Dio, alla quale causa impegnare tutte le nostre forse costituisce un baluardo contro ogni tentazione.

Fidarsi ciecamente dello Spirito, quindi, anche quando tale scelta (vocazione, missione) di badare “prima di tutto” alla Causa del Regno di Dio ci sembri spericolata e comporti guai, sofferenza, incomprensione, persecuzione ci colloca in una botte di ferro inattaccabile da parte del tentatore.

Fidarsi ciecamente dello Spirito è quiete dell’anima.

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