Epifania del Signore

Solennità dell’Epifania del Signore, giorno in cui celebriamo la manifestazione del Signore a tutte le genti cioè all’intera famiglia umana, rappresentata dai Magi nel racconto del Vangelo secondo Matteo. Siamo posti davanti al mistero dello sconfinato amore di Dio che viene finalmente svelato in Cristo Gesù: la salvezza è per tutti. Il Vangelo e la chiamata alla fede sono per tutti.

Il racconto della visita dei Magi è un testo di grande significato. L’evangelista, per prima cosa, dà le coordinate geografiche e temporali della nascita di Gesù, che ne confermano la storicità e, allo stesso tempo, ne forniscono la chiave di interpretazione teologica. Betlemme, in quanto luogo natale del re Davide, rimanda alle promesse divine di stabilità del regno e alla profezia di Michea citata nel Vangelo; Erode, di origine non ebraica né regale e dal carattere crudele e sanguinario, era il re dei Giudei messo sul trono dall’imperatore romano. Emerge subito il tema della regalità di Cristo: il vero re di Israele nasce al tempo del fittizio re dei Giudei.

Arrivano a Gerusalemme alcuni Magi, provenienti dall’Oriente. Il termine greco magoi (maghi) sfumato in Magi dalla traduzione, indicava uomini dediti alle varie forme di arti magiche, ma poteva riferirsi anche a sacerdoti di religioni orientali o astrologi nel senso antico del termine. Il racconto non dice altro su di loro; le tradizioni apocrife e popolari hanno voluto congetturare sul numero e sui nomi, caricando questi personaggi di vari simbolismi.

Se, nella tradizione, sono diventati dei re, ciò probabilmente è dovuto all’interpretazione dei testi di Isaia 60 e del salmo 72,10 che si proclamano nella liturgia della Parola. In entrambi si parla di re che giungono a Gerusalemme da varie parti del mondo, portando doni preziosi come oro e incenso.

Ovviamente i Magi si recano al palazzo reale: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Ritengono che sia nato il re dei Giudei: è testimoniato da importanti fonti storiche giudeo-romane che all’epoca era viva l’attesa di un re particolarmente grande che sarebbe venuto dalla Giudea. La loro convinzione è motivata dal fatto che hanno visto spuntare la sua stella: i Magi devono aver osservato una particolare congiunzione astrale e l’hanno collegata all’atteso Messia giudaico. Nell’astronomia babilonese i pianeti e le costellazioni avevano dei significati, rappresentavano le vicende umane, i re e i popoli. Infine i Magi comunicano lo scopo del loro viaggio: si sono messi in cammino per adorarlo. Questo è il loro desiderio, ciò che li ha spinti a partire, profondamente attirati anche se non conoscono colui che cercano.

Occorre notare che l’espressione re dei Giudei usata dai Magi ricompare solo nei racconti della passione di Gesù, sulla bocca di Pilato, poi dei soldati romani e infine nella scritta sulla Croce. Ecco che affiora il collegamento fra il neonato Gesù e il mistero della sua passione e morte, nel quale si rivelerà pienamente la sua regalità.

Per quanto riguarda i Magi, la narrazione li presenta come persone con gli occhi aperti a guardare il cielo, ambito del divino, attenti a decifrarne il linguaggio. Sono dei sapienti in quanto cercatori appassionati di verità e di senso, e per questo capaci di cogliere un segno dall’Alto. Al sorgere di quel segno hanno il coraggio di lasciare la propria terra e mettersi in cammino, come anche prendere altre strade nel ritorno.

Veniamo ora alla stella, un elemento ben particolare. Il vangelo parla di un astro (astér), un corpo celeste luminoso.

Nella Scrittura, la prima volta che appare il termine stella al singolare è nell’oracolo di Balaam, un mago-indovino pagano che il re Balak chiamò per maledire il popolo di Israele proveniente dall’Egitto. Ma Balaam, per ordine del Signore dovette benedire Israele e pronunciò un oracolo molto favorevole: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Num 24,17). Questa profezia fu molto conosciuta anche fuori di Israele.

L’ultima volta in cui il termine stella è al singolare si trova in Apocalisse 22,16 dove Gesù Risorto dice di sé: «Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino». Anche nella seconda Lettera di Pietro il Signore è definito stella del mattino.

Nella prima lettura, soprattutto nei primi versetti c’è tutto uno sfavillio di luce: è lo splendore della gloria del Signore. Gerusalemme, avvolta da questo splendore come una veste, vede venire a sé le genti cioè i popoli pagani che desiderano adorare Dio. La scena trasmette una gioia immensa. Questo testo profetico di Isaia vede il suo compimento storico nella visita dei Magi e quello definitivo-escatologico nel cap. 21 del libro dell’Apocalisse dove leggiamo che la Gerusalemme celeste non ha bisogno della luce del sole e della luna perché «la gloria di Dio la illumina e sua lampada è l’Agnello» (v.23) e «Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore» (v.24).

Nel racconto evangelico la stella non sembra visibile durante il viaggio dei Magi. L’hanno solo vista nel suo sorgere e la vedono di nuovo quando ripartono da Gerusalemme. Stavolta essa, che sembra attenderli, li precede e li guida alla meta. La sua visione provoca in loro una gioia grandissima. Dobbiamo notare che a Gerusalemme i Magi accolgono dalla Scrittura, dalla profezia di Michea, l’indicazione del luogo della nascita e si rimettono in cammino su quella parola. Erode e gli scribi non fanno lo stesso, restano chiusi nel loro turbamento.

Cosa è la stella? Cosa si cela in quest’immagine? C’è come un progressivo crescere di senso. Intanto dobbiamo pensare a una luce invisibile che sta nel cuore umano e che è memoria di Dio. I Magi assecondavano questo fuoco interiore che li spingeva a cercare. La stella nel suo sorgere ci può far pensare all’ambito cosmico, prima forma di rivelazione divina. Il suo secondo apparire potrebbe essere legato alla Scrittura ascoltata e accolta, la luce della Parola di Dio. Infine i Magi arrivano alla presenza di Gesù che è Luce del mondo, Luce per illuminare le genti come detto nel tempio dal vecchio Simeone. La stella segna un cammino nella luce, che conosce anche momenti di buio (pensiamo all’oscurità maligna del cuore di Erode e alla cecità spirituale dei sacerdoti e degli scribi).

La stella si ferma su una casa e un versetto è sufficiente a narrare il momento dell’incontro fra Gesù e i Magi: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». Non ci sono parole, c’è solo luce, la Luce vera, quella del Verbo fatto carne che illumina ogni uomo. Si prostrano e adorano Gesù, il loro cuore si effonde in Lui. Sono giunti, con la guida della stella, all’approdo desiderato, alle fede nel Figlio di Dio.

Nei Magi del Vangelo contempliamo tutta l’umanità in cammino verso Cristo, una carovana immensa di uomini e donne alla quale apparteniamo anche noi. Tutti chiamati, come dice san Paolo nella seconda lettura, «in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo».

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