Domenica di Pentecoste

Esegesi – Pentecoste

I discepoli erano riuniti e le porte erano ben chiuse. Avevano paura dei Giudei. Improvvisamente, Gesù si pone in mezzo a loro e dice: «Pace a voi!». Dopo aver mostrato loro le mani e il costato dice di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi»! E subito comunica loro il dono dello Spirito in modo che possano perdonare i peccati e riconciliare le persone tra di loro e con Dio. Riconciliare e costruire la pace! Ecco la missione che hanno ricevuto e che perdura fino ad oggi.

Oggi giorno ciò che più manca all’umanità è la pace: rifare i pezzi della vita disintegrati, ricostruire i rapporti umani, rotti a causa delle ingiustizie che si commettono e per tanti altri motivi. Gesù insiste sulla pace, e lo ripete varie volte! Nel corso della lettura del breve testo del Vangelo di questa domenica di Pentecoste, cerchiamo di essere attenti agli atteggiamenti sia di Gesù che dei discepoli, e alle parole di Gesù che pronuncia con tanta solennità.

Gv 20,19-20 Una descrizione dell’esperienza della risurrezione.

Gesù si rende presente nella comunità. Nemmeno le porte chiuse gli impediscono di stare in mezzo a coloro che non lo riconoscono. Perfino oggi è così! Quando siamo riuniti, anche se tutte le porte sono chiuse, Gesù è in mezzo a noi! E anche oggi, la prima parola di Gesù sarà sempre: «Pace a voi!». Egli mostra i segni della passione nelle mani e sul costato. Il risorto è il crocifisso! Il Gesù che è con noi nella comunità non è un Gesù glorioso che non ha nulla in comune con la vita della gente. Ma è lo stesso Gesù che è venuto su questa terra e che ha i segni della sua passione. Ed oggi questi stessi segni si trovano nelle sofferenze della gente. Sono i segni della fame, della tortura, delle guerre, delle malattie, della violenza, dell’ingiustizia. Tanti segni! E nelle persone che reagiscono e lottano per la vita Gesù risuscita e si rende presente in mezzo a noi.

Gv 20,21 L’invio: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

Da questo Gesù, crocifisso e risorto, noi riceviamo la missione, la stessa che lui ricevette dal Padre. Ed anche a noi lui ripete: «Pace a voi!». La ripetizione ribadisce l’importanza della pace. Costruire la pace fa parte della missione. La pace che Gesù ci lascia significa molto di più che assenza di guerra. Significa costruire un ambiente umano armonioso, in cui le persone possano essere se stesse, con tutto il necessario per vivere, e dove possano vivere serene e in pace. In una parola, vuol dire costruire una comunità secondo la comunità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Gv 20,22 Gesù comunica il dono dello Spirito.

Gesù alitò e disse: «Ricevete lo Spirito Santo». Ed è quindi con l’aiuto dello Spirito Santo che noi possiamo svolgere la missione che lui ci affida. Nel Vangelo di Giovanni, la risurrezione (Pasqua) e l’effusione dello Spirito (Pentecoste) sono una stessa cosa. Tutto avviene nello stesso momento.

Gv 20,23 Gesù comunica il potere di perdonare i peccati.

Il punto centrale della missione di pace si trova nella riconciliazione, nel tentativo di superare le barriere che ci separano: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Ora questo potere di riconciliare e di perdonare viene dato ai discepoli. Nel Vangelo di Matteo, questo stesso potere viene dato anche a Pietro (Mt 16,19) e alle comunità (Mt 18,18). Una comunità senza perdono e senza riconciliazione non è una comunità cristiana.

MEDITAZIONE

«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano,
il Cristo resta nel passato,
il vangelo una lettera morta,
la Chiesa una semplice organizzazione,
l’autorità un potere,
la missione una propaganda,
il culto un arcaismo,
e l’agire morale un agire da schiavi.
Ma nello Spirito Santo
il cosmo è nobilitato
per la generazione del regno,
il Cristo risorto si fa presente,
il vangelo si fa potenza e vita,
la Chiesa realizza la comunione trinitaria,
l’autorità si trasforma in servizio,
la liturgia è memoriale e anticipazione del Regno,
l’agire umano viene deificato».

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