XXI domenica del tempo ordinario

Gesù è in cammino verso Gerusalemme, sta percorrendo con risolutezza quella via che lo porterà all’ingiusta morte di croce. A un tale che gli si avvicina e gli chiede: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?», egli risponde: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno». La vita cristiana richiede sforzo, fatica, esige «la buona battaglia della fede» (cf 1Tm 6, 12): non è una lotta contro gli uomini, bensì una battaglia che ognuno di noi combatte nel proprio cuore contro le dominanti del male e del peccato (cf Ef 6, 10-17), contro «il peccato che ci assedia» (cf Eb 12, 1), contro quelle pulsioni che sonnecchiano nelle nostre profondità, ma che sovente si destano con una prepotenza aggressiva, fino ad assumere il volto di tentazioni seducenti. È la stessa battaglia combattuta e vinta da Gesù mediante la sua fedeltà alla parola di Dio e la sua preghiera: dalla vittoria contro le tentazioni nel deserto (cf Lc 4, 1-13) alla notte del Getsemani (cf Lc 22, 39-46) e addirittura fino alla croce (cf Lc 23, 35-39), egli vive in prima persona tale lotta, e anche in questo è la porta attraverso cui entrare nel Regno (cf Gv 10, 7)! La nostra battaglia, quindi, ha un senso e una speranza di vittoria solo se passa attraverso la relazione con Gesù. Ecco perché egli parla di un padrone di casa – il Signore – il quale può aprire o chiudere la porta: il giudizio su ciascuno di noi spetta solo a lui. Ed è un giudizio che svelerà la verità profonda della nostra vita, la realtà della nostra comunione vissuta o meno con Cristo, ossia il nostro aver amato o no gli altri come lui li ha amati (cf Gv 13, 34: 15, 12).

Ebbene, se la strada che ci fa vincere la battaglia passa attraverso la croce, ciò significa che tutte le altre strade allontanano da Dio. Pertanto saranno esclusi dall’entrare nel Regno tutti coloro che, pur partecipando al sacramento dell’Eucaristia, pur conoscendo il Vangelo, pur accostandosi ai sacramenti, vivranno una vita contro di lui, cioè contro l’Amore vero, contro l’Amore che abbraccia anche il sacrificio. Ricordiamoci le parole di Gesù: «Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete”. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”».

E per completare il discorso Gesù aggiunge una parola di grande speranza: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio». Ciò significa che nessuno è escluso dalla salvezza. Non vi sono privilegiati. Tutti siamo invitati ad entrare e a sederci a mensa nel regno di Dio. Però per entrare e sederci dobbiamo sforzarci ogni giorno di vivere secondo i suoi precetti, impegnarci di servirlo nella libertà e per amore, e accettare le croci che la vita ci presenta. Queste sono le uniche condizioni richieste per prendere parte al gioioso «banchetto di nozze dell’Agnello» (cf Ap 19, 9).

L’ultima affermazione di Gesù: «vi sono ultimi che saranno primi, e vi saranno primi che saranno ultimi», ci mette in guardia e ci invita a non ragionare secondo criteri mondani o superficiali. Non dimentichiamo ciò che scriveva sant’Agostino: «Nell’ultimo giorno molti che si ritenevano dentro si scopriranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro».

Chiediamo a Dio Padre onnipotente che ci aiuti a rispondere con fedeltà operosa alla sua chiamata e a entrare per la porta stretta della croce nel suo Regno.

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