VII domenica del tempo ordinario

Continuiamo in questa domenica ad ascoltare il discorso che Gesù ha cominciato domenica scorsa proclamando beati i poveri e mettendo in guardia i ricchi. Parole che stanno oltre ogni logica umana e non ammettono nessuna “spiegazione” ragionevole. Parole che trasmettono il modo con cui Gesù vede l’umanità, letteralmente dal punto di vista di Dio, come la vede Dio, cioè come l’umanità diventa quando Dio le va incontro, attraverso Gesù appunto. La felicità vera per Gesù dipende da criteri diversi da quelli che hanno peso per noi.

Per accogliere nel cuore le parole di Gesù di questa domenica dobbiamo sintonizzarci su questa lunghezza d’onda, se no ci viene voglia di chiudere il libro, di cambiare canale. Oggi Gesù insegna comportamenti e atteggiamenti concreti di vita che – ancora una volta – seguono criteri diversi da quelli che normalmente utilizziamo per prendere le nostre decisioni. Afferma il principio: amate e fate del bene non ai vostri amici, ma a chi vi odia e vi fa del male; benedite loro, pregate per loro. Poi fa degli esempi: a chi vi tratta male non rispondete con la stessa moneta, non resistete a chi vi prende qualcosa con la violenza. Poi riassume tutto in una frase semplice ed esplosiva: come vorresti che gli altri si comportino con te, ecco, fai tu cosi con gli altri. Comincia tu a dare quello che vorresti ricevere, non guardare se gli altri non lo fanno. Cosa sarebbe il mondo se tutti agissimo così! Ma – mi domando – è possibile agire sempre così? Forse Gesù non sta chiedendo troppo? Non è forse una utopia quella che propone?

Gesù lo sa che ci porta in alto, fino a farci provare la vertigine del divino. Per questo si abbassa di nuovo alla nostra esperienza, e cerca di trovare lì un aggancio per parlarci di Dio. Ci invita a ragionare in modo umano, ma con lo sguardo aperto a Dio. Ci dice: se fate delle cose con l’obiettivo di ricevere una ricompensa immediata e dello stesso tipo, allora significa che non aspettate altra ricompensa, quella che Dio vuole e può darvi. Se amiamo o facciamo favori a quelli che conosciamo perché siamo sicuri che ci restituiranno lo stesso se non di più, tutto finisce lì. Nessun altro ci sarà grato. Gesù ci invita invece ad alzare l’asticella delle nostre attese, della ricompensa desiderata: ci insegna a non mirare solo alla gratitudine degli uomini, ma a quella di Dio. Ebbene, ecco la strada per la ricompensa di Dio: amare e fare favori a persone da cui non siamo sicuri di ricevere qualcosa in cambio (o siamo addirittura certi di non ricevere proprio nulla). Gesù ci fa capire che la ricompensa di Dio non è un “premio” che verrà alla fine della vita; ci raggiunge già durante la vita. È una ricompensa grande, consiste nel vivere concretamente come figli di Dio, nell’imitare il nostro Padre del cielo, nel diventare ciò che siamo chiamati ad essere in pienezza.

I comportamenti indicati da Gesù ci permettono di imitare Dio che nel suo essere più interiore è misericordia, fino a fare della misericordia il suo stesso nome. Come è possibile imitare Dio? Lo è perché siamo creati a sua “immagine”, cioè Dio ha già messo in noi un seme di lui. Ma non ci ha fatti, per così dire, già finiti, siamo invece “creature”, cioè una realtà che continuamente viene creata, per diventare ciò che è chiamata ad essere. Attraverso lo “stile di vita” che Gesù ci indica (prima con la sua vita e poi con le sue parole) diventiamo giorno dopo giorno “a somiglianza” di Dio, cioè portiamo a compimento la nostra più profonda identità.

Se la misericordia di Dio diventa la radice dei nostri comportamenti, impareremo a vivere come Gesù ci indica: senza giudicare, né condannare; ma perdonando e donando ciò che siamo e abbiamo. E Dio non si lascerà superare in generosità nel donarci la sua ricompensa, come quella di un sacco di frumento che trabocca, che si trasforma in pane, pane capace di soddisfare la fame del corpo ma ancora di più quella del cuore. È facendoci frumento e pane per gli altri, come ha fatto Gesù, che saremo figli, saremo beati, riceveremo la ricompensa da Dio, che non si può descrivere, ma si può gustare.

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