VI domenica del tempo ordinario
Introduzione: mangiare o…pregare?
Siamo liberi di mangiare?
La risposta è: no.
Siamo costretti.
Dio ci ha fatti in un modo tale che, se non mangiamo, moriamo.
Semplice, no?
Ogni giorno ci mettiamo a tavola tre volte: lo <u<dobbiamo< u=””>fare, per non morire.</u<dobbiamo<>
Non c’è scampo. Dobbiamo fermarci e sospendere le nostre attività.
La fame ci costringe a fermarci e cercare il cibo. Non possiamo dire: “Non ho tempo per mangiare…”.
Dio avrebbe potuto applicare anche alla preghiera lo stesso rapporto che lega gli uomini al cibo.
Avrebbe potuto crearci in modo tale che, se non ci fermassimo tre volte al giorno per pregare, moriremmo.
Vi immaginate che folle oceaniche di adoratori ci sarebbero?
Le sue lodi risuonerebbero lungo le nostre strade, ovunque. Nei locali pubblici, sugli autobus, nelle scuole. Il mondo sarebbe pieno di gente che prega, le chiese sarebbero tutte strapiene.
I giovani pregherebbero tutti tre volte a giorno, sospendendo qualsiasi altra attività…
Vivremmo in una società super-religiosa…
Ma perché Dio, pur potendolo fare, non ha voluto questo?
Perché Dio non ci ha creati come persone che necessitano della preghiera per sopravvivere?
La risposta ce la offre la liturgia odierna: perché Dio ci ha creati liberi.
Liberi di pregarlo, di cercarlo, di obbedirgli.
Egli avrebbe potuto rendersi visibile ai nostri occhi, in modo da toglierci la libertà di dubitare della sua esistenza, avrebbe potuto mettere in noi una fame di preghiera che ci costringe a cercarlo, e invece si è nascosto ai nostri occhi e ci lascia liberi di cercarlo, di dubitare, di pregare, di peccare. Liberi di passare una vita senza pensare a lui.
Oggi, al centro della liturgia della Parola, troviamo un elemento importante, che è la radice della libertà umana: la decisione.
Afferma Isaiah Berlin: «L’essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si decide, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c’è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l’illusione di averla».
Il tema della decisione di essere liberi, viene affrontato oggi su tre piani differenti della Parola di Dio:
• la libertà delle azioni
• la libertà delle intenzioni
• la super-libertà nello Spirito Santo
1) Liberi di agire
Il libro del Siracide ci ricorda che siamo liberi di agire come decidiamo.
Utilizzando una metafora molto viva e concreta, l’autore ci ricorda: “Dio ti ha posto davanti il fuoco e l’acqua; là dove tu decidi, stenderai la tua mano”.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: sta a loro decidere.
Questo testo ci fa venire in mente, tra le tante, due cose importanti: la prima è che se ci decideremo per il bene avremo la vita, mentre se ci decideremo per il male avremo la morte.
La seconda è che “Egli conosce ogni azione degli uomini” in senso oggettivo, cioè vede tutto ciò che facciamo e ci giudicherà in base ai nostri atti.
Il legame atti buoni-vita e atti cattivi-morte è frequente nella Bibbia.
Purtroppo l’uomo spesso sbaglia: cercando la soddisfazione immediata, decide di percorrere la via larga e comoda che porta alla morte, invece di quella stretta e difficile che porta alla vita.
È come quei pesci che imboccano la via larga segnata dalle reti, una via all’inizio larga vari kilometri, ma che si restringe sempre più, fino a giungere inesorabilmente alla camera della morte: all’inizio tutti hanno l’impressione di una grande libertà e larghezza, ma più si va avanti, più ci si rende conto che il percorso si stringe e ci si avvia a perdere la libertà, cioè alla morte.
Quando Gesù ci dice “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa” (Mt 7, 13) non si riferisce al paradiso e all’inferno, ma al mondo d’oggi, così com’è. Basta guardarci intorno: le persone, cristiani compresi, come un branco di pesci, si precipitano tutte istintivamente verso ciò che è più largo, senza educarsi al sacrificio iniziale (dominio di sé, degli istinti, educazione delle proprie pulsioni) che all’inizio è molto “stretto”, ma più si procede, più diventa spazioso e vitale per se stessi e per gli altri.
Il Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1470) parla del giudizio di Dio sulle nostre azioni: Nel sacramento della Penitenza, il peccatore, rimettendosi al giudizio misericordioso di Dio, anticipa in un certo modo il giudizio al quale sarà sottoposto al termine di questa esistenza terrena. È infatti ora, in questa vita, che ci è offerta la possibilità di scegliere tra la vita e la morte, ed è soltanto attraverso il cammino della conversione che possiamo entrare nel regno di Dio, dal quale il peccato grave esclude. Convertendosi a Cristo mediante la penitenza e la fede, il peccatore passa dalla morte alla vita «e non va incontro al giudizio» (Gv 5,24)
Osserviamo che la prima lettura sottolinea abbondantemente l’aspetto positivo, nella decisione di agire bene, mettendo in azione i comandamenti di Dio: tutto questo è benedizione, beatitudine (Salmo).
Ci giunge un messaggio buono: “Guarda che conviene osservare i comandamenti!”.
2) Liberi di desiderare
Ma l’uomo non è soltanto le sue azioni.
L’uomo non è solo mani. È anche cuore.
Il Vangelo, pertanto, ci parla di una libertà più profonda: la libertà delle intenzioni.
Non basta non compiere azioni malvagie per essere beati.
Uno potrebbe non commettere atti contro la legge di Dio, ma avere nel cuore intenzioni negative, che Gesù considera alla stregua di azioni cattive.
Non basta non commettere l’azione di uccidere. C’è un omicidio interiore, nelle intenzioni: è costituito dall’adirarsi, dall’offendere il fratello, dal giudicarlo.
Non basta non commettere l’azione di tradire il coniuge: c’è un adulterio dell’intenzione, commesso con gli occhi e i desideri (“Chiunque guarda una donna per desiderarla”…). C’è, in contrapposizione all’azione dell’adulterio, un adulterio del cuore, nutrito dalle intenzioni malvagie.
L’invito di Gesù, rispetto all’antico Testamento, è più esigente e radicale: dobbiamo andare alla radice delle nostre decisioni: l’esortazione a cavarsi l’occhio e gettarlo via da noi, come anche a tagliarsi la mano e gettarla via, è espressione chiara del nuovo orientamento proposto da Cristo. Non possiamo limitarci solamente ad astenerci da azioni peccaminose, ma dobbiamo iniziare il lavoro più difficile, l’educazione delle intenzioni.
“Ho molto peccato in pensieri, parole, opere…”.
3) Liberi nello Spirito
La sintesi delle due precedenti libertà la si trova nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 2.
Qui si parla di “perfetti”, che possiedono una Sapienza “divina”. “misteriosa”, “che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria”.
Il soggetto passa bruscamente dall’uomo a Dio: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano”.
Il protagonista diventa, ora, Dio stesso.
“Dio le ha rivelate a noi per mezzo dello Spirito”.
Vediamo qui un terzo livello, il più alto, della perfezione: la vita nello Spirito.
È come se San Paolo ci esortasse a “lasciare le redini allo Spirito di Dio”.
“Camminate secondo lo Spirito e non sarete più portati a soddisfare i desideri della carne” (Gal 5,16).
La libertà, al livello più alto, consiste nel lasciarsi guidare dallo Spirito, che illumina i cuori, le profondità del nostro spirito, suscitando buone intenzioni, che si manifestano in frutti spirituali e pratici.
Questo vale nella vita quotidiana, nelle nostre azioni, nelle nostre intenzioni, ma anche nella nostra preghiera, che è l’origine e la radice da cui prende energia tutto il resto.
Il protagonista diventa lo Spirito: “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili” (Rom 8,26).
Si può allora intuire l’espressione paradossale di un maestro dello Spirito, in riferimento alla preghiera e all’opera dello Spirito in noi: “Quando qualcuno ha riconosciuto lo Spirito Santo, la preghiera cessa, poiché lo Spirito subentra, pregando nella sua vita, rendendo tutta la sua vita preghiera” (Michael Plekon).
Sarebbe inutile voler partire dal terzo livello (quello che tutti vorrebbero raggiungere) per arrivare al primo.
Il cammino inesorabile e provvidenziale dell’umiltà ci invita a partire dalla vigilanza sulle nostre azioni, per poi rendere -nella fatica quotidiana e nelle sfide che la vita ci offre- sempre più limpide le intenzioni e giungere, magari, un giorno, ad una vita guidata dallo Spirito, una vita – in sostanza – di amore vero.
“È una cosa troppo grande, perché tu possa realizzarla da solo. Questo tipo d’amore deve essere riversato in te dallo Spirito Santo di Gesù. Il frutto dello Spirito è l’amore”, (Gorge De Prizio “OK LORD, TAKE OVER!” ).
Solo questa libertà ci può portare a soffrire per amore, ad accogliere anche l’incomprensione e gli ostacoli con cuore sereno, a smascherare le false libertà, che questo mondo ci propone con abbondanza.
Concludiamo con una breve preghiera, dal titolo “la vera libertà”, scritta da uno che sa quello che dice:
Signore Gesù Cristo,
ti sei fatto inchiodare sulla croce,
accettando la terribile crudeltà di questo dolore,
la distruzione del tuo corpo e della tua dignità.
Ti sei fatto inchiodare,
hai sofferto senza fughe e senza compromessi.
Aiutaci a non fuggire di fronte a ciò che siamo chiamati ad adempiere.
Aiutaci a farci legare strettamente a te.
Aiutaci a smascherare quella falsa libertà
che ci vuole allontanare da te.
Aiutaci ad accettare la tua libertà “legata”
e a trovare nello stretto legame con te la vera libertà.
(Joseph Ratzinger)
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