Domenica VII^ del Tempo Ordinario

La comunità cristiana è invitata a sperimentare nella liturgia un duplice effetto della Parola di Dio: da una parte, la possibilità di riaffermare al centro della sua esistenza e della storia il riferimento a Cristo Signore e al suo Vangelo, dall’altra parte, l’invito a rivolgersi a Dio come comunità, con il ‘noi’ che esprime fraternità condivisa, anche se alla liturgia si arrivi da mondi e culture diversi.  Il Vangelo rievoca le due ultime ‘antitesi’ affermate da Gesù sul monte delle beatitudini: una riguarda il superamento della ‘legge del taglione’, formulata già per contenere la tentazione della vendetta personale; l’altra rappresenta un invito ai discepoli perché si rendano disponibili ad un perdono radicale dei propri nemici, non ricambiando il male con altro male. Nella prima lettura è presentata una pagina del Levitico che anticipa la novità del Vangelo cristiano: si viene anche qui orientati verso l’amore del prossimo, perché Dio è padre di tutti., ci ama e ci rende in tal modo ‘prossimi’ gli uni gli altri. Perciò chiede a noi relazioni fraterne e di reciprocità.  La seconda lettura presenta il progetto che Paolo propone alla giovane comunità di Corinto: ai credenti è rivolto l’appello a far propria la sapienza di Cristo, diventando veri templi di Dio, rendendogli culto autentico con la propria vita.  Afferma infatti: “Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo di Dio Padre”. Orienta così verso la meta proposta da Gesù Cristo: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Non basta essere cristiani a “mio modo”, ma al modo che Cristo ci indica.

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