Domenica di Pasqua Risurrezione del Signore

Pilato aveva detto a Gesù, che era stato poco prima flagellato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?” (Gv 19, 1) quasi a intendere che Gesù avrebbe potuto evitare la condanna a morte, se avesse avanzato un solo cenno di difesa. Una delle osservazioni di scherno che gli avevano fatto dottori e farisei mentre ansimava sulla croce era stata la seguente: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso. Scenda dalla croce e gli crederemo “(Mt 27, 42), ma Gesù era rimasto impassibile e distaccato di fronte a quelle esecrazioni, per non dare soddisfazioni immediate, tipiche della spettacolarità gratuita di un eroe dei mito. Aveva semplicemente atteso l’evolversi degli eventi, l’arrivo del collasso cardiocircolatorio che lo avrebbe portato alla morte, l’incontro atteso con quell’imprevisto che in ogni caso restava sempre tale, perché la morte è pur sempre un’incognita per ogni uomo. Ma che, come Pietro successivamente esclamerà, non era possibile che lo tenesse in suo potere(At 2, 24) e pur affrontandola di petto non poteva che uscire invitto dominatore di essa. E allora eccola qui la risposta agli sbeffeggiamenti e alle insinuazioni che gli erano state rivolte: Gesù non è sceso dalla croce e non ha opposto resistenza perché doveva dare una risposta ancora più esaudiente: affrontare la morte da uomo, pur essendo Dio, senza misconoscerne alcuno degli aspetti, assoggettarvisi senza riserve, farne esperienza piena per poirisorgere! Cristo è risuscitato, oppure, come più avanti a più riprese si preconizzerà, “Dio lo ha risuscitato liberandolo dalla morte. “ E vanificando la stessa morte come realtà di per se stessa.

Certamente è vero che non si racconta dell’episodio specifico della sua risurrezione e che questa non la si può rappresentare alla pari della sua passione e della sua crocifissione, ma il mistero della tomba vuota rimanda a delle riflessioni che impongono di accettare che egli sia veramente risorto e che non si tratta di un mito o di una leggenda o di un’invenzione fascinosa appositamente architettata. Il sudario è ben piegato a parte, le bende sono sparse sul pavimento e Pietro, entrato nel sepolcro dopo l’altro discepolo “vide e credette”, memore delle parole che lui stesso aveva detto intorno a questo evento, che non doveva essere affatto inaspettato. E del resto se Cristo non fosse risorto oggi lo si menzionerebbe alla pari di un qualsiasi Grande della storia senza attribuirgli la rilevanza che di fatto gli compete; se la sua resurrezione non fosse avvenuta non avremmo avuto notizia alcuna sulla sua vita e delle sue opere, perché appunto in seguito alla sua resurrezione si sono andate formando testimonianze e tradizioni del suo messaggio e dei suoi prodigi. Non sarebbero stati composti i famosi vangeli che ci raccontano di lui e non sussisterebbero le fondate notizie storiche sulle prime comunità dei cristiani che interessano anche il mondo non religioso. Se Cristo non fosse risorto non avrebbe avuto senso la costanza dei martiri dei primi secoli e l’universalità del culto ancora attuale nei suoi confronti, non si sarebbero formate organizzazioni di missione e di volontariato e neppure la Chiesa avrebbe senso di esistere. Sarebbe inane e melense ogni atto di religiosità popolare e qualsiasi forma di professione di fede nei suoi confronti, perderebbe ogni valore ogni singolo atto del credente cristiano. In una parola, se Cristo non fosse risorto, “vana è la nostra predicazione, vana la vostra fede. Invece Cristo è risorto, primizia di coloro che sono morti” (1Cor 15, 14 – 15).

Per Gesù insomma è avvenuto un fatto unico e altisonante che ha mutato la storia, incidendo notevolmente nel mondo e in tutti i sistemi sociali, un evento il cui riverbero non può non passare inosservato ancora ai nostri giorni: dalla morte è passato alla vita, non solamente riabilitando le proprie membra alla funzionalità; non soltanto rianimando il proprio cadavere scientificamente ormai considerato in via di senescienza, ma manifestando la determinazione consapevole propria della persona Vivente e risoluta, qualificandosi non solo come colui che è tornato alla vita, ma come capace di comunicare la vita. E questo nel liberarsi dai vincoli oppressivi delle bende e del sudario che lo ostruivano, ribaltando senza ostacoli il masso che ostruiva il sepolcro, mettendosi in cammino lasciando alle sue spalle la tomba vuota eludendo possibili sorveglianze o allarmismi, per poi manifestarsi a più riprese a testimoni prescelti e a numerose altre persone, oltre che ai suoi discepoli.

Cristo risorto è il “Primo e l’Ultimo, il vivente che vive per sempre e ha potere sulla morte e sugli inferi.”(Ap 1, 17- 18), che però non sarebbe stato pienamente tale se non avesse affrontato sgraziato la tortura e il supplizio della croce. Con la resurrezione Cristo si mostra Vivente e trionfatore nella misura in cui sulla croce si era mostrato reietto, impotente e deperito oggetto di disgusto; la resurrezione è la contropartita della sua umiliazione e costituisce la vera soluzione alla questione sopra esposta della sua presunta debolezza.

Nelle battaglie in realtà non vince chi esulta immediatamente e con troppa facilità, ma chi gioisce mostrando tutte le ragioni della sua esultanza dopo aver patito a lungo e per ciò stesso Cristo nel suo trionfo fonda le ragioni della gioia anche per noi.

Cristo è risuscitato per essere il Vivente e per qualificarsi, secondo le sue stesse parole, il Fautore della Vita per tutti, il garante della vita piena per coloro che credono e si affidano in lui affinché non ci si dimeni nella storia vivendo da morti la vita. Anche in ordine al nostro futuro ultraterreno sono valide le parole del teologo Bonheffer nel momento in cui veniva giustiziato nel lager nazista: “E’ la fine. Per me è l’inizio della vita”, poiché chi crede in Cristo anche se muore vivrà (Gv 11) e la resurrezione è quindi preambolo nonché caparra della vita senza fine.

Come appropriarci noi della resurrezione? E’ indispensabile che seguendo le sue orme ci configuriamo innanzitutto con il mistero della sua croce, che racchiude la speranza e contiene la radice della gloria in avvenire; accettare quindi di essere crocifissi nel dolore che ci riguarda per raggiungere con lui la gioia che ne consegue irrimediabilmente, ma soprattutto perseverare in Cristo, non distoglierci mai dal proposito della sua sequela, coltivare le motivazioni che ci inducono ad averlo costante riferimento nella vita di ogni giorno e per ciò stesso farla finita con il peccato e con la perversione e con quanto dona solamente soddisfazioni effimere e passeggere. Occorre prendere Cristo seriamente nella nostra vita e non relegarlo alle sole sacrestie o alle sterili devozioni a volte dispersive ed esagerate. Sperare costantemente in lui e vivere il suo stesso percorso dalla croce alla gloria dell’essere Vivente e datore di vita.
AUGURI SINCERI DI BUONA PASQUA A TUTTI

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