Tutti i Santi

Carissimi, ogni liturgia, tanto più l’Eucaristia, è un invito della Chiesa a partecipare alla liturgia celeste che incessantemente – ci conferma l’Evangelista nella sua visione – dà lode a Dio. A questo coro appartengono tutti i nostri fratelli e sorelle Santi riconosciuti tali dall’Autorità ecclesiale. Ma la nostra speranza è che con essi ci siano anche tutti i nostri cari defunti. Che dono di grazia per noi cristiani credere che in questa ordinata fiumana di uomini e donne accanto a Gesù, l’Agnello glorioso, ci possono essere anche i nostri amati che con Lui hanno già attraversato la morte corporale. E che ulteriore grazia poterli accompagnare alla Dimora eterna con la nostra preghiera nella comunione dei Santi, servendoci del dono dell’Indulgenza che ci offre la Madre Chiesa. Non solo! L’Indulgenza, che possiamo lucrare anche per noi stessi alle medesime condizioni stabilite per i defunti, ci ricorda che in Paradiso c’è un posto pronto per noi. Questa è la misericordia di Dio che i Santi non cessano di celebrare in Cielo ma, prima ancora, che hanno testimoniato con la loro vita qui sulla terra. E ci incoraggiano a fare altrettanto con la loro intercessione e il loro esempio.

Che cos’è la santità? Il compimento lieto della grazia battesimale “nell’anima dell’uomo fedele” (S. Francesco). Quando un uomo o una donna accolgono in sé il Dono del Cielo, lo Spirito Santo, e si lasciano conformare nella loro umanità all’Uomo per eccellenza Gesù Cristo, secondo la volontà del Padre, costui o costei è già un testimone del Vangelo qui in terra, ma in un giorno senza fine, Lassù, per misericordia divina sarà un santo o una santa: cioè un abitante del cielo, “coinquilino” dell’Agnello e membro della moltitudine del coro celeste che dà gloria a Dio incessantemente.

Come si diventa santi? «Le Beatitudini – diceva Papa Francesco – sono la “magna carta” dei cristiani». «Ma noi – potremmo dire – rispetto ai nostri fratelli e sorelle in altre parti del mondo non siamo affamati, né perseguitati, ecc.».

Proviamo a guardare brevemente la nostra magna carta, ricordandoci sempre che Gesù nel Vangelo parla a noi oggi, qui dove siamo e come stiamo.

Beati i poveri in spirito. Si tratta dei semplici (non i semplicioni!): coloro che confidano nella paternità di Dio; essi non fuggono le sfide della vita, ma con semplicità, discernimento e prudenza, alzano lo sguardo verso il Cielo e riconoscono in tutto una provvidenza e una volontà molto più grandi delle sole forze e vicende umane. Come riconoscerli? Essi sono capaci di stupore, di lode… e di cantare. Beati quelli che sono nel pianto. Sono coloro che, come i semplici, confidano in Dio anche nell’afflizione e nella prova. Essi sanno che prima o poi arriverà la consolazione di Dio e che nella sua tenerezza e compassione asciugherà le loro lacrime. Anzi, già lo ha fatto nel dono del suo Figlio amato. Beati i miti. Essi sono l’umile, nascosto lievito che fermenta tutta la massa. Sono gli umili: coloro che fanno quello che devono fare; che non rispondono a violenza con violenza. In fondo sono coloro che a volte ci fanno anche un po’ arrabbiare perché sembra che non reagiscano mai: così deboli e “senza spina dorsale” agli occhi del mondo. Costoro invece hanno una forza che attrae tutto: come Gesù, “mite agnello redentor” (S. Alfonso M. De Liguori). Beati quelli che hanno fame della giustizia. I cristiani hanno fame di giustizia: tutti! Perché di essa si sono saziati, hanno fatto e continuano a fare esperienza e sanno che è il solo gusto buono e duraturo della vita: l’amore. Gli affamati di giustizia si uniscono alla Vergine Maria e cantano il loro “Magnificat”. Sono la generazione che cerca il volto del Signore tra le pieghe sfigurate della storia, e che non si accontenta della mediocrità comune: ma desidera per sé e per i fratelli il Regno d’amore del Padre già presente in mezzo a noi. Beati i misericordiosi: quante occasioni quotidiane ci offre la vita per esserlo! Come pure Beati gli operatori di pace: di quella pace di cui il cristiano conosce la sorgente: Dio! E di cui cerca di farsi strumento in tutte le relazioni e le situazioni che vive nell’ordinarietà della sua vita.

Beati i puri di cuore. Chi sono costoro? Coloro che riconoscono e coltivano in sé il grano buono della grazia e che non entrano in dialogo con il principe della menzogna. Una beatitudine che, accanto al dono di Dio, richiede una grande e continua ascesi: ma ne vale la pena, poiché vedranno Dio. Beati i perseguitati: chi è fedele al Vangelo subirà ovviamente persecuzioni. Tutti ne facciamo esperienza: non è facile essere cristiani nei nostri ambienti ormai secolarizzati. Siamo scomodi perché siamo in Cristo luce nelle tenebre, dove si nasconde e regna l’iniquità dell’uomo.

Fratelli e sorelle, Gesù non ci ha tenuto nascosta la fatica di essere cristiani; ma neanche e soprattutto la bellezza di esserlo, e la promessa dell’eterna ricompensa che è lui. Sì, come è lui, Verbo incarnato, il povero, il mite… è lui, glorioso nei cieli, la nostra beatitudine. Lui il Regno; lui la consolazione… Lui la magna carta di cui siamo in possesso per grazia e l’eterna ricompensa che ci attende nei cieli. Beati noi, allora, generazione che cerca il suo volto: e lo troverà in Paradiso, dove ci desidera e ci attende!

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