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VII domenica del tempo ordinario

Nel Vangelo odierno, Gesù pone al centro il comandamento dell’amore ai nemici e della misericordia. Il contesto è ancora quello del “discorso della pianura”, dopo la proclamazione delle beatitudini, secondo la versione lucana.

“(ma) A voi che ascoltate, dico” – Gesù si rivolge in modo molto diretto al suo uditorio, sottolineando l’atteggiamento giusto e necessario di fronte alla sua Parola: l’ascolto.

“Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male” – Il primo imperativo è il principale, gli altri sono più esplicativi: i nemici, infatti, sono quelli che odiano, maledicono, trattano male. E’ da notare che Gesù parla di una realtà attuale, non ipotetica; tutti facciamo esperienza dell’inimicizia, in qualche modo. Agli atteggiamenti negativi dei nemici, il discepolo deve rispondere con quelli positivi del bene, della benedizione, della preghiera.

“A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro”

Gesù sembra rincarare la dose facendo degli esempi che appaiono eccessivi e fuori misura con i quali vuole indicare un atteggiamento di radicale opposizione al male.

“E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro” – Il Signore conclude questa parte con la regola d’oro: la benevolenza che desideriamo ricevere, dobbiamo offrirla agli altri. Egli gira al positivo una regola già nota in forma negativa «non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te». Per Gesù non basta non fare il male, bisogna fare il bene.

“Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto” – Con tre esempi al condizionale, Gesù spinge a riflettere su come le relazioni siano facilmente basate su qualche forma di scambio. E precisa che questo è il modo di relazionarsi dei “peccatori”, cioè un modo segnato dal peccato, non giusto di fronte a Dio.

La gratitudine nel testo greco è la grazia, la “charis”, un termine che rimanda a Dio. Quale grazia/ricompensa può sperare e attendere da Dio il discepolo, se le sue relazioni sono già impostate sulla ricompensa umana, sul dare e avere?

“Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla” – Di fronte alle relazioni da “peccatori”, Gesù indica l’orientamento opposto (invece) e ribadisce il messaggio essenziale dato all’inizio, quello di un amore che supera ogni limite: amare i nemici.

“e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” – L’adesione a questo amore senza misura, che non cerca ritorni, riceverà una grande ricompensa da Dio, una vera somiglianza con Lui, una reale relazione di figli.

“Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” – I figli dell’Altissimo devono essere misericordiosi verso tutti così come lo è Dio che profonde la sua misericordia al di là di ogni merito.

“Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio” – Infine il Signore indica i passi della misericordia, le scelte concrete, cosa non fare e cosa fare. Il discorso termina con la promessa di un dono smisurato e traboccante di Dio, nascosto dietro i verbi al passivo.

Le parole belle di Gesù… cosi’ difficili

L’ascolto di questo Vangelo genera in noi una specie di nostalgia. Sono parole belle, che evocano relazioni armoniche e pacifiche; le relazioni come «sarebbe bello che fossero» e non sono. La nostalgia affiora perché siamo creati, nel desiderio e nel progetto di Dio, per essere e vivere così come Gesù ci indica. La Parola entra in vibrazione con il nostro cuore, lì dove è stato riversato l’amore di Dio per mezzo dello Spirito Santo (cf Rm 5,5).

Le parole belle di Gesù ci appaiono facili sulla sua bocca, ma difficilissime per noi. Subito alla nostalgia subentra lo sguardo sulla nostra fragile realtà ed esclamiamo: «non se ne sono capace!». E’ una affermazione molto onesta, perché davvero non siamo capaci di amare come il Signore ci chiede. Ma questa nostra onesta constatazione è solo il punto di partenza, non di arrivo. La misericordia e il perdono, infatti, sono un cammino da intraprendere e percorrere. Quello che è davvero terribile per un cristiano non è l’incapacità, ma l’incredulità di fronte alla Parola fino al punto di relegarla nell’irrealtà: «sono belle parole, ma impossibili!».

Capire quello che il Signore ci chiede

Ascoltare, prima che mettere in pratica, vuol dire capire. Gesù ci parla dei nemici, cioè di coloro che ci fanno del male coscientemente e deliberatamente (violenza, furto, omicidio, calunnia…). Nelle sue parole c’è una netta e forte antitesi: amate i vostri nemici, di fronte alla quale la nostra affettività istintivamente si ribella e si chiude. Si può comprendere così: «amate i vostri nemici così come sono, in quanto nemici», cioè con la consapevolezza che al momento (o forse per sempre) sono persone ostili verso le quali non possiamo sentire quell’amore di attrazione e corresponsione che proviamo nell’amicizia, nel matrimonio, nella parentela. Con i nemici siamo in una situazione totalmente opposta, problematica e molto spesso dolorosissima. Nei loro confronti è richiesto un amore che non si basa sul trasporto affettivo, ma sulla volontà. Il suo contenuto è, innanzitutto, quello di non volere il male di chi ci fa del male. Il Signore non ci chiede immediati quanto falsi “perdonismi”, ma di attestarci su questo punto base: rifiutarci di rispondere al male con il male, volere il bene e la conversione di chi ci è nemico. Questo è il primo passo per un possibile/sperabile cammino di pacificazione interiore e di riconciliazione.

Capire vuol dire anche dare il giusto nome alle cose. Ci vuole un discernimento per distinguere le situazioni che facciamo rientrare nella categoria dell’inimicizia. Spesso, al di là di torti oggettivamente gravi, non diamo il giusto peso a quello che ci viene fatto e tutto ci appare grave. Non può essere così! Altrettanto spesso appiccichiamo l’etichetta di nemico a chi non è in linea con il nostro pensiero, oppure a chi con la sua presenza disturba e mette in discussione le nostre prassi, le abitudini, il quieto vivere. In sostanza, molto spesso il “diverso” diventa “nemico” ai nostri occhi. In questi casi non abbiamo reali nemici, ma siamo noi che ci facciamo nemici, e non prossimi.

Misericordiosi come il Padre

L’amore che Gesù ci chiede non è una nostra costruzione, ma ha la sua origine e la sua possibilità d’essere nell’amore di Dio per noi. Quanto più accogliamo, sperimentiamo e riconosciamo la misericordia, la benignità, la fiducia che Dio ha verso di noi, tanto più possiamo porci nello stesso modo verso gli altri. Gesù per primo, ha vissuto quello che vuole da noi, cioè guardare ad ogni uomo come un fratello. Meditiamo sulla sua pazienza di fronte agli oppositori che volevano la sua morte, sulla sua non violenza di fronte al soldato che lo schiaffeggia, sul suo perdono dalla croce. Gesù ci ha insegnato con la sua vita a non dare spazio al rancore, alla violenza, alla vendetta. Nel suo vocabolario la parola nemico non esiste. Seguire Gesù su questa strada non è facile, né indolore; ci vuole il sacrificio e lo sforzo di una volontà che ama e vuole amare.

Quello che ha sostenuto Gesù e che solo può sostenere anche noi è la stretta relazione con il Padre coltivata nell’ascolto e nella preghiera. Allora la Parola di Dio diventa nostra vita, allora l’Amore trinitario in noi si rivela davvero liberante e possiamo osare relazioni nuove, da cristiani, figli dell’Altissimo.