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Sacra Famiglia

Viene celebrata in questa domenica la festa della Santa Famiglia.
Nell’anno A si legge la fuga in Egitto. L’oggetto della riflessione di questa festa sono «i nostri tre»: Gesù, Maria e Giuseppe.
Si può rischiare, in questa occasione, di fare ottime riflessioni sulle famiglie (ed è anche giusto), lasciando però in secondo piano, o citandoli solo di passaggio, i tre festeggiati!
Di loro bisogna parlare! Le applicazioni si fanno dopo.
A Betlemme nasce la famiglia: una comunità di vergini, modello unico, per sposati, non sposati, consacrati, laici nel mondo…

A Betlemme c’è la Chiesa. C’è il futuro dell’umanità, anticipato in modo vertice. È la famiglia nuova, il cui fondamento non è la parentela del sangue: coloro i quali «non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Prologo di Giovanni). Allora è urgente indugiare con amore su questi tre personaggi, scavando nel testo evangelico.

«Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Imprevisti, contrattempi, precarietà, marginalità sono il pane quotidiano della Santa Famiglia. Qualsiasi mente umana potrebbe presentare qualche obbiezione. Giuseppe potrebbe fare qualche domanda all’angelo… Dio non può trovare il sistema di fermare Erode?

«Giuseppe, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto».
Nella notte! Un particolare non secondario. Chi si avventurava allora di notte, senza carovana? Eccoli i nostri tre uscire da Betlemme, inoltrarsi in zone deserte verso la striscia di Gaza e puntare verso il Nilo. Senza traguardi, verso l’ignoto.
«Resta là finché non ti avvertirò». Non una parola in più. Siamo in pieno mistero pasquale.

L’obbedienza al Padre ha come prezzo una sottomissione affettuosa a tutti gli eventi, anche e soprattutto a ciò che è causato non da Dio, ma dalle storture degli uomini.
Per chi ama non ci sono più incidenti sul percorso, ma solo un programma misterioso che sfugge ai calcoli umani.
Anche l’Egitto allora è Terra Santa, che ha ospitato Gesù, Maria e Giuseppe: i loro occhi hanno contemplato le spiagge del Mediterraneo e il Nilo, hanno visto le costruzioni faraoniche, le Piramidi, la Sfinge…
I cristiani d’Egitto si sentono onorati, dai tempi di Antonio e Caterina, dei grandi teologi alessandrini…

Santa famiglia

Quando Dio creò il padre 

Quando il buon Dio decise di creare il padre, cominciò con una struttura piuttosto alta e robusta.
Allora un’angelo che era lì vicino gli chiese: “Ma che razza di padre è questo? Se i bambini li farai alti come un soldo di cacio, perché hai fatto il padre così grande? Non potrà giocare con le biglie senza mettersi in ginocchio, rimboccare le coperte al suo bambino senza chinarsi e nemmeno baciarlo senza quasi piegarsi in due!”.
Dio sorrise e rispose: “E’ vero, ma se lo faccio piccolo come un bambino, i bambini non avranno nessuno su cui alzare lo sguardo”.
Quando poi fece le mani del padre, Dio le modellò abbastanza grandi e muscolose.
L’angelo scosse la testa e disse: “Ma… mani così grandi non possono aprire e chiudere spille da balia, abbottonare e sbottonare bottoncini e nemmeno legare treccine o togliere una scheggia da un dito”.
Dio sorrise e disse: “Lo so, ma sono abbastanza grandi per contenere tutto quello che c’è nelle tasche di un bambino e abbastanza piccole per poter stringere nel palmo il suo visetto”.
Dio stava creando i due più grossi piedi che si fossero mai visti, quando l’angelo sbottò: “Non è giusto. Credi davvero che queste due barcacce riuscIrebbero a saltar fiori dal letto la mattina presto quando il bebè piange? O a passare fra un nugolo di bambini che giocano, senza schiacciarne per lo meno due?”.
Dio sorrise e rispose: “Sta’ tranquillo, andranno benissimo. Vedrai: serviranno a tenere in bilico un bambino che vuol giocare a cavalluccio o a scacciare i topi nella casa di campagna oppure a sfoggiare scarpe che non andrebbero bene a nessun altro”.
Dio lavorò tutta la notte, dando al padre poche parole ma una voce ferma e autorevole; occhi che vedevano tutto, eppure rimanevano calmi e tolleranti.
Infine, dopo essere rimasto un po’ sovrappensiero, aggiunse un ultimo tocco: le lacrime. Poi si volse all’angelo e domandò: “E adesso sei convinto che un padre possa amare quanto una madre?”.