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Domenica XXIV del tempo ordinario

Le tre letture bibliche di oggi  convergono in certa misura  nel mettere in evidenza un tema di permanente attualità nella riflessione circa l’identità cristiana. Che cosa caratterizza l’approdo alla fede in Dio e alla sequela di Gesù Cristo? Che cosa cambia, nella propria identità e nell’agire di chi “si conver-te”, ossia si apre a Dio, quando aderisce al Vangelo di Gesù Cristo? Non po-trebbe essere sufficiente regolarsi, nelle relazioni umane, secondo rettitudine di coscienza e in base a scelte di bontà, misurata dall’evitare il male e fare il bene?  Ebbene, ciò che la rivelazione biblica chiede è di orientare e motivare la rettitudine di coscienza e le scelte di bontà verso il prossimo facendo riferi-mento alla relazione vissuta con Dio e all’incontro cercato e progressivo con il Signore Gesù, dove si scopre tutta la grandezza e generosità del suo perdono senza limiti. Già nel cammino religioso del popolo d’Israele era stato chiesto al popolo ebraico di andare dietro a Dio e di farsi imitatori di Lui, di essere “discepoli del Signore” (cfr Is 55,13…). Gesù poi domanda ai Galilei dapprima di convertirsi al Regno di Dio e poi una seconda conversione di riconoscerlo come l’unico Maestro da seguire e imitare. In questo senso il Vangelo di oggi ci fa scoprire l’altro elemento fondamentale del discepolo che è la chiamata a perdonare, perché Dio Padre perdona per primo, e molto più di quanto noi abbiamo da condonare al prossimo: aver misericordia ed essere riconciliante, riconoscendo di essere stato ricuperato e accolto da Dio.