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Domenica XXII del tempo Ordinario

Le letture di oggi manifestano press’a poco una tematica comune che le connette fra loro e che tende a impegnare la comunità in ascolto su risposte esigenti e sempre più coerenti di fede e di scelte etiche. L’appello delle tre letture, infatti, mira a ottenere un più alto livello di conversione da parte della assemblea liturgica, sia nella propria adesione a Dio e a Cristo, sia sul piano della vita concreta. La fedeltà nell’adesione a Dio non finisce mai di richiedere un di più di pienezza ed esclusività. E’ quanto percepisce Geremia in un momento critico e sconcertante del suo ministero profetico: tanto egli non si era immaginato, né aveva compreso, quando aveva aderito alla ‘vocazione’ in cui Dio l’aveva impegnato inizialmente, al servizio della sua Parola, per cui esclama: “Mi hai sedotto, Signore!”. Più esplicito e radicale è Gesù di Nazareth con i suoi discepoli allorché, dopo l’episodio di Cesarea di Filippo, fa loro sapere che egli deve, per volontà del Padre, salire a Gerusalemme per la sua passione e risurrezione. Quanto a loro, chi vuole continuare a seguirlo – aggiunge Gesù – deve anch’egli rinunciare a se stesso e ai suoi progetti, per “prendere la sua  croce”! Dunque, come era successo a Geremia, anche gli apostoli avevano accolto la prima chiamata di Gesù, aderendo a Lui con gioia e piena disponibilità: non avrebbero mai pensato alla svolta di una seconda ‘conversione’, ora proposta. La sequela evangelica di Cristo non è fatta di una sola conversione, ma di continui passi di conversione verso la totalità.