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Domenica XIV del tempo ordinario

Ascolto la realtà?

Prova a prendere in esame l’idea che ti sei fatto delle persone con cui vivi, in famiglia, al lavoro, per strada, in città, in comunità … è molto precisa, netta, anche se non ti sei mai fermato a rifletterla. E tu agisci e ti rapporti non con la persona che ti presenta, ma con l’idea che hai di lei. Prova ne è che ti meravigli quando ti trovi di fronte ad una persona che fa o dice cose diverse da quelle che ti aspetti. Davvero assurdo!

Conoscere è quanto di più grande l’uomo sia chiamato a fare, ma quanto facilmente vi rinuncia! Anche con Dio avviene la stessa cosa. Ci siamo fatti un’idea di chi sia e ci rapportiamo con quella per sempre. E quindi di fatto noi non ci relazioniamo con il Dio vivo, ma con un concetto che ce lo rappresenta. Può essere calda la nostra preghiera se parliamo con un’idea piuttosto che con una Persona, capace di interagire? È di certo una noia pregare con un concetto… e infatti la preghiera per molti è come fare matematica: una marea di formule, di riti, di regole. E ci si sente l’eccezione che conferma la regola se si dimenticano bene le “tabelline”, ci si sente perduti e dannati se i conti non tornano… La Vita in Dio è ben altro!!! I rischi che corriamo sono seri: ci siamo chiusi alla vita che ci viene incontro per ricolmarci di beni e viviamo degli abbagli di una realtà trasferita nella nostra mente… Usciamo dalle idee, torniamo ad assaggiare le cose, a contattare nel senso vero del termine le persone per quello che dicono e per quello che fanno, a conoscerle nel tempo e nello spazio, facendoci inondare dalla ricchezza che sono e, senza necessariamente volerle portar via (nel nostro mondo concettuale) e imparando a rispettarne la gratuità della presenza per la novità che in ogni oggi porteranno. Questi sono i miracoli che Gesù potrà fare allora per noi!

così è con Gesù…

Gesù va a Nazareth, la sua città, tra la gente che lo aveva visto nascere, crescere, lavorare, andare. Lì dove cera sua madre, la sua casa, gli amici di infanzia, i compagni di giovinezza, i parenti più vicini. Vi torna non solo, ma con i suoi discepoli. Vi torna quindi come maestro. Lo avevano visto camminare per le vie del paese, il sabato lo vedono entrare in sinagoga e predicare. Parole nuove, che riscuotono interesse e muovono l’attenzione, che risvegliano i desideri e nutrono le attese. Parole che invitano a lasciare il vecchio sentire… Lo stupore è la risposta “normale” alla parola di Gesù, sempre, anche quando questa Parola la conosci, l’hai meditata, la evochi tra le cose familiari della memoria. Stupore che nasce spontaneamente quando è aperto l’ascolto. Se i presenti si fossero fermati a sentire la risposta del loro spirito alle parole di Gesù, avrebbero seguito le spinte della fiducia interiore e si sarebbero incamminati per le vie della straordinarietà di quella presenza divina… invece fanno subentrare subitaneamente al loro sentire profondo la sicurezza di un ragionare consueto. Quest’uomo è uno di noi. Lo conosciamo bene. Non può parlare così. È il figlio di Maria, una delle nostre donne, una delle tante. Conosciamo tutti quelli che con lui sono cresciuti. Non è possibile che lui sia qualcosa di diverso da quello che noi abbiamo concretamente avvicinato per anni. Non può essere capace di fare miracoli così grandi, è un falegname. Come se si imparasse a fare miracoli! Sono questi pensieri che chiudono l’ascolto. Incredibile quanta ricchezza di vita l’uomo perda quando fa del suo ragionamento la spiegazione della realtà che vede. È la realtà che interpella e chiede accoglienza, non ragionamento. Sarà essa stessa a darti spiegazioni soddisfacenti se solo hai la pazienza e la fiducia di darle credito. La realtà non ti fa male, mai. È la rappresentazione mentale di ciò che vivi che ti ferisce, il significato improprio che gli dai. Dice Epitteto che l’uomo non è ferito se non da se stesso. Quanto è vero! Se non senti “tua” quella cosa, non ti fa male. È perché vi hai messo sopra un pezzetto di te che acquista un potere incredibile su di te. Se si rompe un bicchiere, non ti interessa. Ma se si rompe il bicchiere cui sono legati dei momenti importanti della tua vita, soffri. È come se in quella rottura andassero in frantumi anche tutti quei momenti vissuti. Se in quella occasione riesci a pensare che è un bicchiere come altri e che quei momenti sono custoditi in te e non su quella materia inerte, la sofferenza svanisce… Gli abitanti di Nazareth vedono Gesù come un loro “possesso”: non può essere altro da quello che loro hanno conosciuto di lui. Da qui invece che lo stupore e l’ammirazione per la sua sapienza e per i miracoli che compie nasce il disprezzo. Se si fermassero alla realtà che stanno vivendo, sarebbero persone libere interiormente e dai fatti giungerebbero a conclusioni diverse. Invece scelgono di ignorare i fatti, coprono i fatti con il loro modo di vedere e di pensare, annullano la persona reale di Gesù e seguono l’immagine che se ne sono fatta. Si precludono la possibilità della grandezza di Dio fra loro, perché si chiudono nella loro sicurezza. Sono in pochi quelli che ricevono il dono della presenza di Cristo, i malati, coloro che vivono l’attesa e non vivono di sicurezze perché il loro domani è comunque incerto. La precarietà apre all’ascolto. Beati i poveri… coloro che non hanno, ma coloro che sono… persone disposte a ricevere, consapevoli della loro impossibilità nel dare, persone che sanno apprezzare il poco e trovare sapori eterni nei bocconi di esistenza, persone che si sfamano del pane quotidiano dalle mani della vita e rendono grazie perché non hanno da preoccuparsi di accantonare.

Il Vangelo dei piccoli

Gesù era andato via da Nazareth e aveva cambiato città. Era andato a stare a Cafarnao quando aveva iniziato ad annunciare il Regno di Dio per tutta la Galilea, e non solo! Maria era rimasta lì, a casa. Una borgata in cui tutti si conoscevano. E sapevano un po’ tutto l’uno dell’altro. Gesù era conosciuto come il figlio del falegname, e lui stesso aveva lavorato per loro come falegname, e il figlio di Maria.

Torna oggi con i suoi discepoli. Si presenta quindi non più da solo, ma in una veste nuova. Il fatto che alcuni lo seguivano dove lui andava diceva a chi lo vedeva che era un maestro nella legge di Mosè e nelle Scritture. Niente di strano quindi quando di sabato si alza nella sinagoga e inizia a insegnare. Le sue parole risultano diverse però dalle parole degli scribi, sono parole nuove. E per questo si chiedono: Ma dove ha imparato? È stato sempre qui, fra noi. Non ha fatto scuole speciali. Tutta questa sapienza da dove gli viene? Addirittura fa miracoli. Era una persona normalissima, come tutti. E ora? Che gli è successo? Invece di rallegrarsi nel vedere tanta sapienza e tanti prodigi, si chiudono, non gli danno ascolto… pensano alle loro cose, alle loro ragioni, e Gesù in pratica non può fare più niente per loro. Sì, perché se tu non hai fiducia in Gesù, lui che può fare per te? Se tu chiudi la porta in faccia a uno, cosa può fare per entrare a casa tua? Lui bussa, dipende da te aprire o no. E così Gesù. Lui viene, ti parla. Poi sta a te ascoltare. Se tu pensi di saperne più di lui, sei tu che rimani più povero. E facendo così, gli leghi le mani! Lui compie meraviglie. Se vuoi, le fa anche per te!

Le scimmie e la lucciola

Una tribù di scimmie viveva nella giungla, ai margini di un villaggio di contadini. Ciò che più le incuriosiva era il fuoco. Stavano ore ad osservare le rosse fiamme che danzavano nelle case e nei cortili e i contadini che si accoccolavano accanto ad esse a riscaldarsi, con una beata soddisfazione dipinta sul viso.

Una sera particolarmente fredda, le scimmie videro una lucciola che palpitava tra le foglie di un cespuglio. Credettero subito che fosse una scintilla di quella cosa prodigiosa che scaldava gli uomini e la presero con cura. La coprirono di erba secca e ramoscelli, stesero le mani in avanti, facendo versi di soddisfazione e credendo di scaldarsi. Una scimmia si mise addirittura a soffiare sulla lucciola, come aveva visto tante volte fare agli uomini.

Un uccellino dalle ali dorate osservava la scena dall’alto di un ramo. Pieno di compassione per le povere scimmie volò giù e disse: «Amiche, vi state sbagliando, quello non è fuoco. È soltanto una lucciola!».

Ma le scimmie lo cacciarono via infastidite e presero a soffiare con maggior vigore.

«Vi ingannate!», continuava a ripetere l’uccellino dalle ali dorate volando intorno alle scimmie che si accalcavano intorno al mucchietto di foglie e ramoscelli. «Correte al riparo!».

Irritata, una scimmia afferrò l’uccellino dalle ali dorate e lo uccise. Poi si misero tutte a soffiare.

Al mattino erano tutte morte di freddo.

«Gesù aveva fatto tanti segni miracolosi davanti al popolo, eppure non credevano in lui. Così si compivano le parole della Bibbia dette dal profeta Isaia: Dio ha reso ciechi i loro occhi e ha reso duro il loro cuore. Così non vedono coi loro occhi, non capiscono con il loro cuore e non cambiano vita per essere guariti». Per questo troppi intorno a noi muoiono di freddo.