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Domenica V di Quaresima

Vogliamo conoscere Gesù

Io, piccolo seme di grano lascio a te che resti fuori del solco un invito:Quando ti sentirai solo, potrai raggiungermi Hai paura ora a venire con me, perché pensi di morire. Ma, sai, nel buio della terra non sentirai gli uragani dell’inverno né il vociare della tempesta. Troverai unicamente il calore del silenzio che ti culla e la custodia dell’attesa che nella solitudine prepara a gustare i tepori della primavera. Tutto questo a suo tempo. Ora è tempo di scomparire tra le zolle della dimenticanza. Quando sarai pronto a raggiungermi, chiamami. Dirò al Seminatore di venire a prenderti. A Dio! 

Chi ama la propria vita, la perderà. Quando l’amore tende a trattenere, la vita si ferma, non cresce, si deprime. È un po’ come l’acqua: finché scorre, è pulita e genera e rigenera ciò che tocca. Quando si ferma, ristagna e inquina, porta con sé germi di morte. Ami la vita? Non trattenerla, spendila senza risparmio e tornerà a te. Più la lasci andare, più sovrabbonderà!

Vogliamo conoscere Gesù… Un desiderio che afferra il cuore umano di sempre. Chi è Gesù per me? Volerlo incontrare, avvicinare, vedere, conoscere può essere spazio di ricerca e di approccio per crescere oppure semplice curiosità. Questa domanda che i greci fanno a Filippo circola nei secoli da parte di chi intravede e sente qualcosa verso chi è più vicino al Cristo. Ma bisogna dirlo a Gesù, non pretendere di spiegare noi chi è Gesù a chi desidera conoscere lui: il conoscere suppone esperienza diretta che consente di imparare a sentire l’altro nella mia vita. Un impedimento grande alla ricerca di Cristo è il ragionare su di lui senza farne esperienza. Filippo ne parla ad Andrea. E insieme lo dicono a Gesù. La risposta di Gesù a questo desiderio è fortemente indicativa: la porta della gloria che si apre a chi vuole accostarsi a lui è quella del solco. Vuoi conoscere Gesù? Puoi scendere con lui nel solco della terra per sentire la sua potenza vitale che fa morire il seme e germoglia vita nuova. Cosa significa morire in Cristo? La morte è un compimento. Il seme non è distrutto dalla terra, ma è accolto dalla terra. Questa lo custodisce e lo protegge. Nell’oscurità si compie la sua vocazione alla vita, perché non può germogliare un seme alla luce del sole, si secca, perde se stesso. L’ora è venuta, per chiunque è pronto a perdere la sua vita in questo mondo. Chi vuole conservarsi, muore davvero! Chi è disposto a vivere la perdita, è accolto da un abbraccio reale di vita eterna. La parola chiave di questo percorso di conoscenza è il portare frutto. Non puoi tirare le conclusioni su un frammento di esistenza, su parole dette, su piccoli ritagli di conoscenza. Il portare frutto richiede la perseveranza dello stare, la perseveranza dell’attendere, la perseveranza del credere. E questo è possibile per chi conosce i segreti di Dio, il modo di essere di Dio. Ogni perdita causa turbamento. Gesù lo dice di sé: Sono profondamente turbato. È un lasciare andare senza trattenere, è un lasciar fare, è un voler rimandare… Ma per questo sono giunto a quest’ora… Il tempo di Dio chiede il coraggio del lasciarsi innalzare da terra, dell’avvicinarsi al cielo, ma su una croce, su una condanna. Lì dove non c’è più scampo per te, Dio è con te. Lì dove la scelta di Dio ti porta a rimanere solo, perché tutti quelli che hanno avuto da dire su di te: farisei, scribi, popolo, soldati romani, si sono ritrovati a gioire della tua condanna… lì tu raccogli il frutto della tua vita, perché viene buttato fuori il demonio della compiacenza della convenienza, del facile successo, degli applausi. Eliminare Cristo: quale libertà! Eppure ha fatto tanto del bene, ha guarito i malati, ha parlato come nessuno ha parlato mai… Mentre si spegne al tuo udito l’eco delle voci degli osanna alla tua persona e si levano i crucifige, sommessamente pronunciati o altamente gridati, proprio ora, nell’abbandono della morte, spuntano i germogli della vita nuova. È la risposta di Gesù a coloro che vogliono conoscerlo. Sei disposto a seguirlo? Attirerò tutti a me… Sì, quando cadendo nel solco, sentirai l’abbraccio dell’amore di Dio e vibrerà in te quella vita eterna che germoglia le spighe del Pane che sazia… sazia la fame antica dell’uomo.

Il Vangelo dei piccoli

Io penso che tante volte ti è venuto il desiderio di vedere Gesù. Dove è possibile vederlo? Se tu apri le pagine del vangelo, quella è la casa di Gesù. Ci sono le parole vive che lui ha pronunciato, i fatti che lui ha compiuto, c’è tutto ciò che ha vissuto. E poi quando viene nell’Eucaristia, è proprio lui, lo stesso Gesù che camminava per le strade della Galilea, Gesù che faceva i miracoli, Gesù che parlava al cuore di tutti, Gesù che pregava e Gesù che dormiva, mangiava, andava. Quando tu fai la comunione è questo Gesù che entra in casa tua e viene a vivere con te e ti porta a vivere con lui. Tu pensi invece che stai mangiando un’ostia, e tutto finisce lì! In quel momento il cielo è in te, e le sue parole ti risuonano dentro perché lui è dentro di te. Per vederlo e sentirlo devi affinarti gli occhi interni; con quelli esterni non vedi, non puoi vedere Gesù. Vedresti un uomo e lo confonderesti con gli altri, come hanno fatto molti di quelli che tutti i giorni lo incontravano, lo sentivano parlare, vedevano quello che facevano. L’ostia che mangi è come un chicco di grano che metti nella terra. Non lo vedi più ma lì lui vive, muore e poi germoglia. Così Gesù. Entra in te, “muore”, ma poi germoglia. Questo se tu glielo permetti, perché se tu non lo custodisci resta lì, senza germogli, in attesa che tu ti accorga di lui. È questione di occhi. Se vedi solo le cose dal di fuori, tutto è piccolo e finisce. Se vedi le cose dentro, si apre un mondo senza fine, è il mistero di Dio che si espande. E quello che sembra finito, inizia a vivere, e vive per sempre.

Il negozio

Un giovane sognò di entrare in un grande negozio. A far da commesso, dietro il bancone c’era un angelo. “Che cosa vendete qui?”, chiese il giovane. “Tutto ciò che desidera”, rispose cortesemente l’angelo. Il giovane cominciò ad elencare: “Vorrei la fine di tutte le guerre nel mondo, più giustizia per gli sfruttati, tolleranza e generosità verso gli stranieri, più amore nelle famiglie, lavoro per i disoccupati, più comunione nella Chiesa e… e…”. L’angelo lo interruppe: “Mi dispiace, signore. Lei mi ha frainteso. Noi non vendiamo frutti, noi vendiamo solo semi”.

Una parabola di Gesù comincia così: “Il regno di Dio è come la buona semente che un uomo fece seminare nel suo campo…”.

Il Regno è sempre un inizio. Un minuscolo, quasi trascurabile inizio. Dio stesso è venuto sulla terra come un seme, un fermento, un minuscolo germoglio. Un seme è un miracolo. Anche l’albero più grande nasce da un seme piccolissimo. La tua anima è un giardino in cui sono seminate le imprese e i valori più grandi. Li lascerai crescere?