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Domenica IV di Pasqua

COMMENTO

O pazzo o bestemmiatore dovette sembrare Gesù davanti ai fedeli israeliti quando uscì con l’espressione che ci viene presentata oggi: «Io e il Padre siamo una cosa sola». Siamo nel cap. 10, in cui Gesù si offre a noi come «buon pastore», facendo suo uno degli appellativi più belli che la Bibbia applica a Dio. «Il Signore è il mio pastore…» canta l’«usignolo» del Salterio, come è stato definito il Salmo 22/23. Proviamo a fare una breve «lectio», indugiando con amore su poche righe.

 

Il Vangelo dei Piccoli

 

Siamo immersi nel periodo liturgico più importante: il Tempo di Pasqua. I testi biblici di oggi approfondiscono il legame che il Signore stabilisce con ciascuno di noi. L’abbiamo ascoltato nel Vangelo di Giovanni: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” dice Gesù. Con questa immagine certo non vuole paragonarci a delle pecore che senza capire e in silenzio seguono il padrone, bensì come già in altre parabole, Gesù spiega qualcosa di profondo usando un paragone che per tutti è di facile comprensione. A quel tempo, la gran parte degli ebrei era pastore o contadino, dunque riusciva a comprendere queste immagini e il significato profondo nascosto in esse. Le pecore rappresentano il bene più prezioso per il pastore; esse assicurano cibo e non solo: tra il pastore e il suo gregge si crea un legame fortissimo: intano stanno insieme tutti i giorni e percorrono insieme tanta strada, incontrando a volte pericoli o trovandosi a fronteggiare imprevisti sempre insieme. Così il pastore per chiamarle e guidarle inventa dei richiami: fischi o suoni che sembrano parole. Non so se vi è capitato di vedere all’opera un pastore: io quand’ero piccola andavo di tanto in tanto a trovare uno zio che abitava in montagna e possedeva un gregge di pecore. Ebbene quando rientravano o mentre pascolavano, rimanevo sorpresa per come riusciva con una specie di linguaggio, a portare tutte insieme le pecore dove lui aveva deciso. Un giorno mi permisi di andargli incontro per vedere tutto ciò più da vicino, e arrivata accanto a mio zio gli chiesi: “Ma ti capiscono! Come fai a parlargli?” e lui rispose: “Ci vuole tempo è come una mamma o un papà con il loro neonato! Il bimbo non sa parlare ancora, però ha bisogno di loro per vivere, per essere felice e al sicuro. Alle mie pecore capita di inciampare, di perdersi o di essere aggredite, ecco in quelle circostanze il mio richiamo è fondamentale: sanno che sono nei paraggi e con me le altre pecore, dunque non sono sole, possono contare sul mio aiuto. Così impararono che con me e tutti insieme siamo al sicuro. Ai bimbi più o meno succede la stessa cosa: ricordi quando cadevi o ti perdevi?! Bastava sentire la voce dei tuoi genitori per saperti al sicuro!”. Credo che Gesù voglia trasmetterci lo stesso messaggio: quanti credono in Lui, ascoltando la Sua Parola sono certi della Sua vicinanza. Può succedere qualsiasi cosa e la Parola di Dio sa arrivare al nostro cuore e consolarci se siamo tristi, rassicurarci se siamo preoccupati… e da questo sappiamo di non essere soli. Le parole di Gesù, riportate dall’evangelista vanno oltre: il nostro Signore e Maestro ci conosce personalmente, ha la chiave che apre i nostri cuori, come una password; ci assicura la sua vicinanza e ancora afferma: “Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre”. È una assicurazione forte e Gesù l’avrà pronunciata con fermezza dato che ci garantisce che qualsiasi cosa, qualunque persona o idea provasse ad allontanarci dalla Sua protezione, Lui e il Padre saranno più grandi e non lasceranno che nessuna delle “pecore” rimanga sola o persa. Possiamo così affidare al Signore tutte le nostre paure e chiedere il dono di sentire questa mano grande e forte che ci sostiene e sentire nel nostro cuore che la sua voce che ci guida e rassicura. In ogni circostanza possiamo ripetere la preghiera che Gesù ci ha insegnato, la Sua Parola non mancherà di agire dentro di noi.