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Domenica XXXIV del tempo ordinario – Cristo Re

Questa Domenica, con la festa di Cristo Re dell’Universo, chiude un altro Anno Liturgico, durante il quale abbiamo commemorato e rivissuto i misteri di Cristo e della nostra Redenzione e il ricordo della Vergine Maria e dei Santi, in un percorso di vita spirituale che si chiude con lo sguardo a Colui cha ha ricapitolato in sé tutti gli eventi umani e che rimane sempre il centro della storia. La storia vede nel re, nel linguaggio umano, il simbolo dell’unità di un popolo. Il sovrano è colui che impersona l’autorità, la legge, e nelle mani del quale sono spesso i destini di un popolo.
Cristo, il Re, il Sovrano, invece è ben definito nella sua identità e nella sua missione da Paolo Apostolo nella Lettera ai Colossesi : “è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione… il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, ed ha il primato su tutte le cose”.
La sua Missione? “[…] ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel Regno del Figlio del suo amore, donandoci la redenzione il perdono”. In Cristo, Re dell’universo, si sono accorciate le distanze tra Dio e gli uomini, perché Cristo lo ha riconciliato con Dio il mondo che era nel peccato.
Un re che non siede sul trono e comanda, ma un re che cammina insieme a coloro che non chiama sudditi ma fratelli, e percorre con loro la strada che conduce al Padre. Un Re che siede su uno strano trono, sul quale si è lasciato inchiodare perché ha amato gli uomini tutti, buoni e cattivi, e da lassù, pur tra gli insulti, i vituperi, le bestemmie, egli ha continuato ad amare e a parlare di amore, un amore senza misura, esprimendo nel perdono l’apice di un amore senza tempo.
Egli è il Crocifisso che, dal Golgota, attraverso i secoli, ha percorso le strade dell’uomo offrendo amore e chiedendo di entrare in quel suo cuore aperto, per ritrovare la pace e la serenità vera, e la guarigione dalle conseguenze di ogni peccato. Egli è il Re Crocifisso che oggi, in tutti i modi, si cerca di cancellare dalla storia, ma Egli rimane sempre il solo simbolo della salvezza, il segno dell’amore grande di Dio per l’uomo.

Il Re Pastore

Conosciamo questo testo che, ai giorni nostri, è uno dei più citati e discussi. Per alcuni esso riassume quasi tutto il Vangelo. Questa tendenza non dipende da una moda o da una certa ideologia, ma corrisponde a qualcosa di assai più profondo che già esiste in noi. Quando siamo colpiti e sorpresi da un’idea, da un avvenimento o da una persona, sembriamo dimenticare tutto il resto per non vedere più che ciò che ci ha colpiti. Cerchiamo una chiave in grado di aprire tutte le porte, una risposta semplice a domande difficili.
Se leggiamo questo passo del Vangelo con questo spirito, il solo criterio di giudizio, e di conseguenza di salvezza o di condanna, è la nostra risposta ai bisogni più concreti del nostro prossimo. Poco importa ciò che si crede e come si crede, poco importa la nostra appartenenza o meno a una comunità istituzionale, poco importano le intenzioni e la coscienza, ciò che conta è agire ed essere dalla parte dei poveri e dei marginali. Eppure, questa pagina del Vangelo di san Matteo è inscindibile dal resto del suo Vangelo e del Vangelo intero. In Matteo troviamo molti “discorsi” che si riferiscono al giudizio finale. Colui che non si limita a fare la volontà di Dio attraverso le parole non sarà condannato. Colui che non perdona non sarà perdonato. Il Signore riconoscerà davanti a suo Padre nei cieli colui che si è dichiarato per lui davanti agli uomini. La via della salvezza è la porta stretta. Per seguire Cristo bisogna portare la propria croce e rinnegare se stessi. Colui che vuole salvare la propria vita la perderà.  San Marco ci dice anche: Colui che crederà e sarà battezzato, sarà salvato. Colui che non crederà sarà condannato. Queste parole ci avvertono di non escludere dal resoconto finale la nostra risposta ai doni soprannaturali e alla rivelazione. Guarire le piaghe del mondo, eliminare le miserie e le ingiustizie, tutto questo fa parte integrante della nostra vita cristiana, ma noi non rendiamo un servizio all’umanità che nella misura in cui, seguendo il Cristo, liberiamo noi stessi e liberiamo gli altri dalla schiavitù del peccato. Allora solamente il suo regno comincerà a diventare realtà.